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Slavina di Serra del Prete: quando uno spettacolo della natura viene fatto... “a pezzi”

pista di esbosco - foto di anonimo


la slavina l'anno scorso - foto by Indio



Quello che molti temevano è capitato. Come tanti ricordano lo scorso inverno si scatenò una valanga su Serra del Prete che sradicò moltissimi faggi. Chi scrive ha avuto la fortuna di fare un’ escursione proprio da sotto, dalla base dove si erano accumulati i tronchi, fino in cima, passando dal canalone in cui è iniziata la slavina. L’esperienza fu emozionante, perché ciò che vedevo coi miei occhi era uno spettacolo delle forze della natura, di quella natura selvaggia, inviolata e inarrestabile. Per avere un’idea trovate il resoconto e lefoto sul mio blog a questo link: http://leucodermis.blogspot.com/2010/09/diario-1-settembre-2010.html.  La valanga di Serra del Prete era un evento che aveva entusiasmato un po’ tutti gli appassionati del Pollino… ed ecco quindi spuntare  le foto, i commenti entusiasti, le ricognizioni e i dibattiti sui blog e su facebook sul giorno esatto della valanga…. Era bello pensare che nessuno l’avrebbe toccata e che la natura almeno là avrebbe avuto il suo corso… Ma il timore (almeno parlo per me) era che la valanga fosse l’occasione per spingere qualcuno ad andare a tirare fuori la legna accumulata, visto che a quanto pare almeno una parte della faggeta di Serra del Prete ricade su suoli privati. Così purtroppo è stato. Recuperando quella legna ci toglieranno ancora una volta un po’ di quell’entusiasmo e di quelle emozioni che la slavina aveva suscitato soprattutto in noi giovani escursionisti.
Se la ruspa raggiunge le pendici di Serra del Prete a poco meno di duemila metri di quota per tagliare un bosco spettacolare di faggi, o anche per il solo motivo di recuperare il legname caduto a seguito della valanga dello scorso inverno, allora qualcosa non funziona nella macchina amministrativa e nelle norme di salvaguardia che dovrebbero tutelare un area di estremo interesse naturalistico, paesaggistico ed ecologico. Addirittura l’area è tappezzata da cartelli che indicano che si tratta di una proprietà privata e quindi è sacrosanto che il possidente faccia quello che vuole nel suo terreno. Dimentichiamo, però, un particolare: questa proprietà è in un parco nazionale e in una zona di massimo valore ambientale, in una parola è l’essenza del parco. E invece cosa fanno i dirigenti del Parco Nazionlae? Autorizzano – seppur con prescrizioni – il recupero del legnatico… e per fare questa operazione si deve ovviamente  ripristinare la vecchia pista forestale e quindi dare via libera alle ruspe…
Evidentemente l’Ente Parco avrebbe dovuto acquistare questa proprietà o magari anche stipulare un contratto d’affitto, o trovare altre soluzioni, indennizzando così i proprietari e tutelando così una delle aree naturalisticamente più importanti del Pollino, aree che dovrebbero essere preservate  così come sono, lasciandole forever wild. Il fine prioritario di un Parco Nazionale dovrebbe essere la conservazione della natura… o almeno una dellle finalità prioritarie, in un contesto italiano che purtroppo vede i parchi ormai alla stregua di agenzie di “Sviluppo Economico” ( e nell’ambito di un’ideologia che valuta gli ambienti naturali solo in termini utilitaristici, o meglio economici).  La scusa che propabilmente verrà  messa avanti è che i parchi non hanno soldi… La questione però, a mio modo di vedere, è questa:  per altre cose i soldi si trovano sempre,  per fare conservazione non si trovano mai! I nostri dirigenti avrebbero potuto chiedere uno storno alla regione Basilicata e utilizzare i denari che servirebbero per mettere a dimora le uova dell’artista Nils Udo a Casa del Conte o quelli che si apprestano ad essere investiti per un megapolifunzionale di due milioni di euro  a Campo Tenese,  con la logica conseguenza che non avremmo deturpato un posto bellissimo  ed avremmo impiegato del denaro pubblico in una vera e propria opera di salvaguardia di un pezzo del Pollino,  così com’ è previsto come primo obiettivo da raggiungere per coloro che dirigono un area protetta.
Questo “disastro ambientale” ovvero la slavina di Serra del Prete - che tra l’altro in montagna è abbastanza frequente - potrebbe (o meglio sarebbe potuto) essere un luogo interessante per gli studiosi che si occupano di fenomeni connessi alle valanghe e smottamenti,  oltre al fatto che potrebbe diventare un luogo in cui le Guide ufficiali potrebbero portare i visitatori… potrebbe diventare  una meta escursionistica originale, che richiamaerebbe tanti turisti;  potrebbe essere anche un luogo per studiare le conseguenze sulla fauna (anche microfauna) di simili disastri. E invece cosa si fa? Si autorizzano le ruspe.
Non si è pensato nemmeno di fare un’ azione eclatante coinvolgendo gli enti locali e le associazioni per prendere tempo e cercare altre vie (una campagna di sottoscrizioni volontarie per esempio) nel tentativo di trovare i denari  per acquistare queste proprietà, “strategiche” per il loro valore naturale oltre che per la posizione geografica, in modo da neutralizzare un simile attacco al cuore del Parco.
Fatti del genere spingono a riflettere  sullo smarrimento del senso e della funzione dell’ Ente Parco, che dovrebbe avere come obiettivo prioritario, ripetiamolo, la tutela e la conservazione degli habitat di maggiore valore ambientale.

Indio 

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