Oggetto: Provvedimento
su controllo attività turistiche nel Parco Nazionale del Pollino.
La scrivente Associazione, che in tante occasioni ha sentito il
dovere statutario di avanzare critiche ad attività gestionali del Parco
Nazionale del Pollino, al contrario di altre associazioni e/o interventi di
ambientalisti e/o praticanti attività turistiche, ritiene, pur con alcune
riserve, di elogiare quanto deciso dalle autorità del Parco in merito al
provvedimento in oggetto, pur, forse, troppo affrettatamente preso.
La motivazione è giusta; forse è solo sbagliata l’emanazione
così, di punto in bianco, prima ancora di aver deciso dove applicare i divieti;
ma, forse proprio per questo, estesi a tutto il territorio del Parco. Che certi
divieti siano sacrosanti in un Parco Nazionale la scrivente Associazione non
può che riconoscerlo in quanto in linea con le proprie finalità e con la
filosofia che persegue; per cui non sente il dovere di criticarli né tanto meno
di condannarli chiedendone l’abrogazione: l’AIW li ha sempre auspicati per ogni
area protetta che si rispetti. Tanto più che molti di questi divieti sono anche
applicati in molte Aree Wilderness d’America. Consentire certi itinerari, certi
sentieri, certe arrampicate, certe discese fluviali o in grotta, non significa dover permettere tutto ciò sempre
ed ovunque. Si tratta di stabilire il dove, il come ed il quando. Ma
certamente non può esistervi completa libertà di movimento ovunque; altrimenti
si arriverebbe a consentire tutto. Es
modus in rebus!
Un Parco deve avere il dovere, il potere ed il
coraggio di dire NO quando le ragioni di difesa dei valori ambientali cui è
preposto lo richiedono; il dovere, il
potere ed il coraggio di dire Basta: fin
qui sì, più in là no. Nelle lettere che si è avuto modo di leggere, pur
nell’evidente tentativo di giustificare le passioni di chi le ha stilate, paiono
piuttosto sottilmente indirizzata a giustificare il tutto, mentre non dovrebbe
essere così. Mischiare poi la scoperta di specie, di siti, ecc. col diritto ad
andare ovunque e sempre è un escamotage per dire voglio andare ovunque e sempre senza limitazioni, anche se disturbo
l’aquila o l’orso: è tipico degli escursionisti e degli alpinisti del CAI e di
ogni altro organismo a finalità turistica e/o escursionistica; ma è egoistico interesse. Il primo
rispetto per le cose ed i luoghi che si amano si dimostra rinunciandovi, quando
la presenza diventa un disturbo o un danno: accontentarsi di sapere che certi
luoghi o certe cose esistono dovrebbe essere il primo punto di un ipotetico
decalogo dell’escursionismo. Specie quando la Natura diventa non tanto un luogo
da vedere e di cui godere emotivamente, quanto una palestra per soddisfare
piaceri fisico-ludici. Ad esempio, i Navajos hanno da tempo proibito ogni
arrampicata sui tanti torrioni della Monument Valley; sul famoso El Capitan
della Yosemite Valley vigono precisi divieti per controllare le attività alpinistiche;
nello Joshua Tree National Park tante arrampicate sono state da tempo proibite.
Nello stesso pur grande e selvaggio Denali National Park hanno posto un limite
al numero degli alpinisti che vogliono scalare la vetta del Monte Mc Kinley.
Nel Grand Canyon è da anni che il rafting subisce limitazioni di varia natura.
E così dicasi per i percorsi in mountain bike su sentieri ed itinerari di
montagna al di fuori di strade e/o piste carrozzabili.
Ecco, nel caso che stiamo affrontando, le autorità
del Parco del Pollino hanno forse ecceduto, ma non nel voler stabilire regole
“talebane”, ma nell’aver deciso a priori di estendere il divieto ovunque con
un’urgenza che certamente non ha senso per la maggior parte del Parco. Solo per
questo sono da criticare. Per il
principio adotto, per una volta tanto le
autorità del Parco vanno lodate. Si dialoghi e si trovino i giusti
compromessi, che però dovranno anche stabilire quando, dove e quanto essere
severamente per il NO. Ed uno dei punti fermi dovrebbe essere il quantum, un altro il dove e il quando
nel caso delle nidificazioni di uccelli rapaci o di tane di mammiferi sensbili;
ma anche il MAI per certe aree a rischio usura per la roccia o il terreno o per
la vegetazione, compreso l’utilizzo di chiodi e simili. D’altro canto, anche
una politica di carring capacity andrebbe sempre applicata in gran parte
delle aree selvagge dei nostri Parchi, sia per il rispetto delle esigenze della
Natura, sia per quelle degli stessi visitatori. Perché solo un numero chiuso
può consentire una certa liberalizzazione delle attività.
Giustificare la propria presenza con la
presunzione di essere rispettosi (asserzione che è una classica dichiarazione
autoassolvente per tutti gli amanti della montagna!), non regge, se a
stabilirlo sono gli interessati. Chi deve stabilirlo è un soggetto terzo tra
fruitori e Natura: e può esserlo solo l’ente gestore di un’area protetta, che
ne ha il mandato giudiziario. Che non si arrivi a ritenere l’apertura di cave,
un atto di “valorizzazione” della Natura, solo perché scavandole si scoprono
tracce geologiche altrimenti non visibili e quindi non studiabili (ci fu chi lo
sostenne!). Ma questo non è conservazione della natura: è attività di studio,
ed in un’area protetta anch’esse vanno disciplinate, anche severamente (in molti
Parchi americani istituiti per proteggere giacimenti paleontologici è
severamente proibito continuare a scavare ovunque; e così l’esplorazione di
grotte).
Non si può, da un lato ammirare il concetto delle
riserve integrali e pretenderne sempre di nuove, e poi criticarle quando i loro
vincoli impediscono il ludico egoistico godimento di chi le vorrebbe
liberamente violare! Nella difesa della bellezza e nell’apprezzamento della
Natura, la rinuncia è la prima forma di
rispetto: perché solo così si rispettano i diritti della Natura, la quale
notoriamente non può difendersi o avvalersi di giudici per assicurarseli (i
diritti): suoi giudici siamo noi o, meglio, dovremmo essere noi. Il Parco del
Pollino in questo caso si è erto a giudice per la Natura; rispettiamo la sua
decisione e collaboriamo a trovare la soluzione migliore che accontenti tutti,
ma sempre con un occhio di riguardo ALLA
NATURA prima che ai nostri ludici egoistici piaceri.
IL
SEGRETARIO GENERALE
F.to Franco
Zunino
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