Passa ai contenuti principali

Un progetto politico per il Pollino, di E. Pisarra. Con un commento del sociologo Giorgio Osti

fonte articolo http://www.zoes.it/gruppi/aree-fragili/progetto-politico-pollino-emanuele-pisarra

Un progetto politico per il Pollino
Scrivere di un progetto politico per il Pollino a partire dalla necessità suggerita dal grido muto della 
montagna che si spopola, che “smotta” sorge “spontaneo” per i lettori del nostro giornale. 
Eppure è da qui che probabilmente ha più senso cominciare. Dai sintomi.
La nostra montagna che perde silenziosamente e inesorabilmente abitanti, soprattutto in certe 
aree interne dell’Alto Ionio cosentino e della Val Sarmento, sta ritornando ad un tempo remoto 
dove la natura era padrona del mondo.
A nulla è valsa l’istituzione del Parco se dal 1991 ad oggi il Pollino ha “perso” più di 20.000 abitanti. 
Forse se ne sarebbero andati lo stesso; certamente la “discesa in campo” di un nuovo ente 
disorganizzato non ha frenato questo grande esodo.  
In Italia ci sono diversi esempi di paesi e aree montane in “controtendenza”, soprattutto lungo 
tutto l’arco alpino, dove le regioni interessate hanno iniziato una nuova politica di “governance” 
ed ora, grazie anche alle opportunità innescate da un contesto di crisi, si stanno vedendo i primi 
frutti.
Di recente ho partecipato ad un corso di GEOGRAFIA DELLA MONTAGNA  tenutosi sulle Dolomiti di 
Cortina da eminenti docenti dell’università di Padova. 
Ho imparato un “sacco” di cose.
Uno dei docenti sosteneva che la montagna prima ancora che di sussidi, lodevoli iniziative e buona 
volontà, abbia bisogno di ritrovare peso e centralità politica.
E non è possibile che la montagna – ad eccezione  delle province autonome di Trento e Bolzano e 
della regione Valle d’Aosta  -   è governata dalla pianura.  La montagna, al di fuori di queste 
eccezioni, è periferia ed è spesso considerata un peso, una zavorra, un'area marginale.   
Necessita dare ai territori montani varie competenze   e strumenti per trattare con le regioni
confinanti e le aree di pianura in un rapporto orizzontale e non verticale. 
In un’ottica di collaborazione tra le regioni viciniore e non di guerra tra i poveri.
Un altro relatore ha portato l’esempio di un paese di montagna in una Valle del Po in Piemonte. 
Questo paesino di soli  cinque abitanti nel  giro di vent’anni ha raggiunto la cifra record di … 90 
abitanti. 
Un comune che a fine ottocento contava oltre 1400 abitanti, in gran parte allevatori, seguiti da 
artigiani e coltivatori agricoli come produttori di patate.
“Partivamo da un patrimonio importante: l’integrità del comune dal punto di vista architettonico e 
ambientale – racconta il sindaco del piccolo paese – e abbiamo deciso di lavorare su quello. È stato 
un lavoro lungo ma oggi la gente ci crede. Prima si portavano gli avanzi architettonici dalla città. 
Ora se qualcuno lavora male, se non si rispettano gli equilibri architettonici e ambientali, la gente 
viene  a lamentarsi in comune”.www.acalandrostour.it/documenti.htm Pagina 2
Mentre ascoltavo  e appuntavo sul mio moleskine queste considerazioni, il mio pensiero si 
estraniava dalla sala conferenze della Fondazione Angelini e, in una sorta di volo pindarico virtuale, 
ritornava sul Pollino. 
In forma di rievocazione mi ritornava in mente la discussione con il povero sindaco di Alessandria 
del Carretto che ha ereditato dai suoi predecessori un progetto di Museo del Lupo che a distanza 
di oltre quindici anni (per la verità storica l’idea è partita da Vincenzo Arvia, responsabile del WWF
Alto  Ionio: già nel 1994 e fu presentata nello stesso anno con un grande convegno) non riesce 
ancora ad arredare i locali della scuola dismessa dati in comodato d’uso all’Ente Parco. 
Dovette ricorrere ad una delibera di minaccia di revoca del comodato per ottenere il
finanziamento e il bando per arredare le sale della scuola. 
Nel frattempo – sempre in una logica di guerra tra i poveri – anche qualcuno di Civita si candidava 
a realizzare un Museo del Lupo. 
Non sappiamo ancora com’è andata a finire. Sappiamo solo che tutto è ancora in alto mare. 
Ritorno di nuovo in sala e il relatore stava facendo vedere alcune diapositive di questo paese (per 
dovere di cronaca si tratta di Ostana) e improvvisamente appare un’immagine di un giovane con 
moglie e due figli che  piantavano patate. Alle spalle una struttura che a breve diventerà un 
agriturismo. A seguire un’altra immagine di due giovani torinesi di professione informatici che 
stavano lavorando al recupero di alcune case per poter poi trasferire la loro attività. 
Anche in questo caso fu inevitabile un paragone: noi di Civita abbiamo combattuto una guerra fino 
all’ultimo fiato (tanto per citare Oriana Fallaci) a suon di carte bollate, petizioni, lettere del sindaco 
sottoscritte da tutti gli operatori interessati,  con la  Telecom per farci cambiare la centralina 
telefonica al fine poter avere l’ADSL per ovvie ragioni di modernità e di praticità per tutti coloro 
che svolgono attività d’incoming come i nostri operatori turistici.
Ci fu detto che il numero di potenziali utenti non giustificava l’investimento economico da parte 
della società telefonica. 
Ritorno di nuovo in sala e sempre lo stesso relatore ringraziava alcuni tecnici competenti del 
politecnico di Torino e altri collaboratori profondi conoscitori della realtà alpina per l’aiuto dato al 
paese. 
Mi passa per il “cranio” un’altra esperienza. 
Il nostro parco ha mutuato dall’Aspromonte (una volta tanto) un piano per far fronte al problema 
degli incendi estivi che puntualmente divorano centinaia di ettari di bosco ad ogni stagione
facendo ricorso al volontariato. L’anno scorso abbiamo visto come questo piano è miseramente 
fallito, in quanto gli ettari di bosco andati bruciati sono aumentati in modo esponenziale. 
Leggiamo sul nuovo bilancio dell’Ente che anche quest’anno s’intende procedere allo stesso modo 
potenziando il parco macchine con l’acquisto di nuove vetture da dare in comodato alle varie 
associazioni di volontariato. Come dire che errare è umano ma perseverare è diabolico. 
Così come mi ha molto fatto ridere (per non dire piangere) l’iniziativa portata avanti da una nota 
associazione ambientalista che per tutta l’estate scorsa faceva dimostrazioni di come si spegne un 
incendio … mentre il fuoco percorreva “in diretta” centinaia di ettari della nostra montagna. 
Ovviamente con un lauto finanziamento del Ministero dell’Ambiente.
Non è certo con il volontariato che si risolve un problema spinoso come gli incendi sulle nostre 
montagne.
Basta guardare la mappa dei vari incendi. Tutti sono di origine dolosa. Tutti hanno interessato aree 
abbandonate da tempo; molti sono il risultato di politiche clientelari locali che mettono in 
contrasto le autorità con i bisogni dei cittadini. Un esempio per tutti: qualche anno fa in occasione 
del rilevamento di alcuni sentieri ho intervistato un contadino molto amareggiato per il fatto di www.acalandrostour.it/documenti.htm Pagina 3
dover abbandonare la sua campagna perché ormai non vi poteva più accedere a dorso d’asino. 
Aveva chiesto più volte – insieme con altri proprietari limitrofi – al comune di aprire una pista in 
terra battuta per far sì che si potesse accedere a questi terreni con un fuoristrada ed un trattore. 
Non vi fu risposta. Allora decise assieme ai suoi vicini di noleggiare una ruspa e nottetempo si mise 
al lavoro. Dopo la seconda notte di lavoro i “prodi” forestali videro una luce che si muoveva in 
campagna, vi accorsero e sequestrarono il mezzo con tutte le conseguenze del caso. 
In altri luoghi e  per accedere alla montagna per soli fini sciistici l’ente autorizzò l’apertura e 
l’asfalto di diversi chilometri di strada.  
È ovvio che questi movimenti spontaneistici vadano governati da adeguate politiche territoriali che 
rispondano alle effettive esigenze  della popolazione di montagna che ancora presiede i nostri 
monti.
Per esempio – sul fronte della lotta agli incendi - bisogna rimettere in piedi la vecchia rete di punti 
di sorveglianza con vedette per tutto l’arco del giorno pagando il personale secondo le norme 
previste dai contratti di categoria. 
Questo per quando riguarda la “guerra” ai piromani. 
Sul fronte, invece, dell’occupazione che equivale alla permanenza dell’uomo in montagna, bisogna 
ritornare al vecchio sistema di riforestazione con opportune e necessarie correzioni che di recente 
è stato completamente smantellato. Pulire le migliaia di chilometri di cunette della rete viaria 
minore non solo dà lavoro ma preserva “quelli che stanno in valle” da alluvioni e smottamenti. E 
non ci vogliono grandi somme.       
Perché le nostre montagne non hanno tuttora raggiunto il livello delle Alpi  – in termini di 
abbandono – e quindi i danni si possono limitare, ma non ancora per molto.
In molte aree del nostro parco (penso al comune di Laino, ma anche a Viggianello, San Severino, 
San Lorenzo Bellizzi, Terranova e pochi altri) vi sono ancora tanti presidi nelle campagne. Basta 
“ingaggiare” questi ultimi abitanti e renderli responsabili del loro territorio (pulizia delle cunette, 
dei tombini, regimentazione delle acque piovane, piantagione di piante autoctone) dietro 
pagamento di un apposito stipendio e senza volontariato e senza attendere l’approvazione del 
Piano del Parco perché quando e se avverrà, questo sarà troppo tardi. 
Abbandonare  questi mega progetti che non portano benefici al popolo della montagna, sono 
molto costosi e non servono a creare quello sviluppo duraturo del quale abbiamo tanto bisogno, e 
non risolvono il problema del “Mezzogiorno”. 
A proposito del Mezzogiorno e per chiudere questo “serioso” articolo, voglio riportare un 
“fatterello” che amo spesso raccontare alle tante persone che accompagno per i nostri monti. 
In uno dei tanti paesini del nostro parco abitava un sarto, semplice, molto profondo, a dire di tutti 
i suoi concittadini, un libero pensatore.
Alla vigilia di un’importante campagna elettorale dell’immediato dopoguerra decise di attuare una 
nuova strategia al fine di esprimere la sua preferenza verso un candidato piuttosto che ad un altro.
Tutte le sere Mastro Girolamo – questa era il nome del sarto – lascia la sua bottega per seguire i 
comizi degli aspiranti candidati al Parlamento. 
La prima sera un candidato parla del problema della droga: Mastro Girolamo disse che questo 
dilemma non lo riguardava. La seconda sera un altro candidato parlò del problema dell’alcolismo;
Mastro Girolamo disse che lui non disdegnava un buon bicchiere di vino ma solo durante i pasti. 
Il giorno delle elezioni si avvicinava e il povero Mastro Girolamo era sempre più confuso. L’ultima 
sera decise che avrebbe ascoltato tutti gli appelli  certo  che qualcuno dei canditati lo avrebbe 
convinto a votare per lui. www.acalandrostour.it/documenti.htm Pagina 4
Mancano pochi minuti allo scadere della mezzanotte del venerdì prima del silenzio e Mastro 
Girolamo era sempre più in crisi. Esasperato dell’eventualità di non andare a votare aspettò 
l’ultimo intervento. Il candidato esordì nel dire che se lui fosse stato  mandato in Parlamento
avrebbe risolto il problema del mezzogiorno. Mastro Girolamo esultò e con un grido, che gli giunse 
dal profondo del cuore, disse: “Bravo! A questo votiamo perché la sera vuol dire che ci 
arrangiamo”.
Ecco, il nostro Pollino ha bisogno di qualcuno che risolva il problema di almeno un pasto al giorno, 
per l’altro ci arrangiamo, come del resto abbiamo sempre fatto!
Emanuele Pisarra

Commento di Giorgio Osti*:

"Il quadro descritto da Emanuele Pisarra lascia poco spazio alle illusioni e alle retoriche dello sviluppo locale; quella montagna continua a spopolarsi e i progetti sono quasi tutti naufragati; difficile poi paragonare valli alpine a 40-50 km da ricche e debordanti metropoli alle zone attorno al Pollino. Allora, immobilismo puro? Valuterei due cose: una se il popolamento del Pollino possa essere paragonato non a 100 o 50 anni fa, ma a 200 anni fa; una ricerca demografica storica potrebbe riservarci delle sorprese; due, se con l'arrivo della crisi non vi sia un certo ritorno di persone nelle aree rurali, come è stato notato in Grecia; quelle persone o altre che verrebbero a certe condizioni sarebbero fattori interessanti di cambiamento".


*Giorgio Osti è professore associato di sociologia dell'ambiente e del territorio presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Trieste.
Si occupa di problemi ambientali, di questioni legate allo sviluppo rurale e, recentemente, di migrazioni.
Nell’anno accademico 2011-2012 tiene il corso di Sociologia delle Migrazioni e il corso di Sociologia dello sviluppo locale presso la propria università. Nel secondo semestre inizia il corso di Sociologia del territorio presso l'Università di Trento.


Commenti

  1. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Le variazioni casuali in Darwin

Le variazioni casuali Le implicazioni metodologiche e filosofiche di un concetto centrale della teoria darwiniana* Saverio De Marco Introduzione Il concetto della variazione casuale è alla base dell’impianto teorico darwiniano sulla selezione naturale. In questa tesi vorrei descriverne la sua genesi e le sue implicazioni, avendo come riferimento l’opera più importante di Darwin, L’origine delle specie , rilevarne le critiche a cui fu sottoposta e mettendo in risalto il carattere di innovazione metodologica profonda. Consapevole di addentrarmi in un campo vasto e complesso, una parte di questo lavoro tenterà una breve rievocazione degli studi sulla genetica successivi a Darwin, che consentirono di scoprire le cause della variazione, problema che Darwin aveva lasciato insoluto. Fu però proprio l’ammissione dell’inconoscibilità delle cause che consentì a Darwin di superare gli ostacoli che si frapponevano alla sua teoria e che ne determinò il suo carattere “aperto” all

La Gioconda: il Pollino ai tempi della speculazione edilizia - di Domenico Cerchiara

ruspa al lavoro nei pressi della Fagosa - foto di D. Cerchiara Sono lieto di proporre all’attenzione dei lettori una testimonianza dell’amico Domenico Cerchiara  ex sindaco di San Lorenzo Bellizzi e uno dei primi promotori della protezione ambientale nel Pollino. Negli anni Settanta Domenico si oppose ai tentativi di speculazione edilizia della “Gioconda”, una società immobiliare che avrebbe voluto riempire il Pollino di strade asfaltate, villette e ristoranti in luoghi ricadenti in quelle che diventeranno le aree naturali più importanti del Parco Nazionale. Abbiamo chiesto a Domenico di illuminarci su queste vicende, dopo un’escursione da Fagosa a Casino Toscano, durante la quale chi scrive aveva incontrato vari fabbricati e baracche di cui si ignorava l’origine. Dobbiamo essere tutti grati a persone come Domenico Cerchiara e ad altri, che in quel periodo si opposero a questi avvoltoi (con rispetto per gli avvoltoi veri) senza scrupoli. E immagino che all'epoca, viste

Cartina della distribuzione del cinghiale in Italia

Fonte: Università di Teramo