Lettera aperta
all’On. Salvatore Margiotta (PD)
Desideriamo replicare
all’ On. Salvatore Margiotta (quota PD), Commissario Relatore della Commissione
Ambiente della Camera, in seguito al suo documento dove esprime “giudizio pienamente positivo”,
sottolineando “gli ottimi risultati del lavoro svolto fino ad oggi da
Pappaterra alla presidenza del Parco del Pollino, evidenziando anzitutto i
positivi effetti della sua azione per quanto riguarda il progressivo
superamento di antichi campanilismi e la omogeneizzazione delle attività e
degli interventi dell'Ente Parco in ambedue le regioni su cui insiste il suo
territorio".Partendo dalla premessa che non è nulla di personale,
abbiamo invece, forti dubbi su questi giudizi chiaramente di parte, lo stesso
Margiotta afferma di conoscere Pappaterra da quando nella terzultima
legislatura sono stati membri della stessa Commissione Ambiente, oltre che a
militare nello stesso partito.Se questa è la premessa non abbiamo nulla da obiettare.
Come dire:
riconfermato per simpatia a prescindere.Se invece entriamo nel merito delle
questioni allora ci permettiamo
fortemente di dissentire in quanto non corrispondono per nulla al vero nessuna
delle motivazioni addotte dal relatore Margiotta a favore del presidente
Pappaterra.Infatti, non è vero che esiste un’armonia tra le due regioni: basta
vedere nei convegni. Pappaterra e il vice presidente Fiore si sono divisi
equamente il territorio: ognuno va nel proprio versante di interesse politico
ed amministrativo. Infatti, non abbiamo mai visto il vicepresidente in
rappresentanza dell’Ente fuori dalla regione Basilicata. Così come da quando
esiste il Parco la popolazione residente è diminuita di oltre ventimila
abitanti grazie all’ effetto parco.Per non parlare della sentieristica e della
cattiva impressione fatta per la spesa di oltre diecimila euro per ogni chilometro di sentiero
realizzato; della pessima figura per il crollo (pardon “cedimento”) dei ponti
appena collaudati e per il cui ripristino sono stati necessari ulteriori
ventimila euro.Per non parlare dei tanti rifugi chiusi, degli undici centri
visita ben arredati ma immancabilmente chiusi, della mancanza di strutture di accoglienza in montagna (bivacchi)
per gli escursionisti, della
realizzazione di una efficiente rete sentieristica, della concretizzazione di
una cartografia decente del nostro Parco, del permettere un accesso ai punti
nevralgici del Parco senza problemi di transitabilità sia nelle stagioni miti
che in quelle invernali, pane quotidiano e necessario per l’escursionista.
Per non parlare del prevedere un
controllo legale più serrato, per la limitazione dell’utilizzo, sui territori delicati
del parco, di mezzi meccanici (quad, fuoristrada, moto enduro, etc.), per il
divieto della caccia al cinghiale se non poi autorizzarla, in area parco, con
la scusa della caccia selettiva invece di prevedere un idoneo indennizzo da
danni. Alla sistemazione di una uniforme cartellonistica informativa non solo
sui luoghi e i sentieri del Parco ma anche sulle norme comportamentali da
tenere in una area protetta.
Della mancanza di un qualsiasi
regolamento sulla raccolta dei funghi, dei frutti del sottobosco, e della
legna. Per non parlare ancora del pascolo allo stato selvaggio. Si incontrano
mandrie di cavalli, vacche e pecore dappertutto, senza padroni o custodi. Per non parlare dell’assenza di qualsiasi studio
o ricerca riguardo la fauna selvatica ad eccezione dello studio degli avvoltoi
fortemente voluto da precedente presidente Tripepi. Per non parlare dello
scenario lunare dopo i grandi incendi di quest’estate a cui fa da contraltare
la miriade di autorizzazioni concesse per tagliare i boschi ivi compreso quello
della Serra del Prete (34 ettari, per il momento) e, ultimo in ordine di tempo,
all’autorizzazione del taglio nella Riserva Naturale Bosco Rubbio per un totale
di 11 ettari, 2800 piante di cui 15 Abeti Bianchi in una “Riserva naturale”.
Luoghi questi molto frequentati dagli escursionisti. Non vorremmo essere nei panni delle Guide
Ufficiali del Parco che dovranno necessariamente spiegare, e con quali
argomenti?, quale è la linea politica di conservazione e salvaguardia
ambientale adottata nel Parco del
Pollino.
Per non parlare della
mancanza cronica di un Piano del Parco, approvato dall’Ente ma mai reso legge
in quanto è fermo presso i cassetti dei presidenti delle regioni interessate.Abbiamo assistito impotenti alla
concessione di autorizzazioni per installare giostre meccaniche, colate di
cemento armato, teatri vegetali, uova giganti. Per non parlare dei
macroattrattori che diventeranno un pozzo di San Patrizio per le casse della
regione senza alcun utile per la comunità: che senso ha costruire un sentiero
in ferro a tre metri di altezza da terra dentro il bosco della Segheria? Oppure
realizzare una struttura in acciaio di 2 km per “uno scivolo di montagna” a
Piano Ruggio se poi mancano gli elementi fondamentali per la fruizione di
un’area parco. Per non parlare del tanto denaro speso per realizzare strade
asfaltate nel cuore del parco per poi verificare che la viabilità interna
(soprattutto nella zona calabra del Parco) è ridotta ad un colabrodo, invasa da
erbe infestanti e alberi invadenti al punto tale da rendere impossibile raggiungere
l’alta quota con gli autobus pieni di escursionisti. Alla realizzazione di un
progetto che tutto ha fatto tranne che il ripristino della sentieristica,
distruggendo un’area wilderness unica al mondo, la Valle dell’Argentino, per
poi firmare un accordo con la Regione per la protezione della Lontra e del suo
habitat in quella stessa valle.
In queste difficili condizioni
abbiamo assistito al depauperamento dell’impegno e del lavoro delle Guide
Ufficiali del Parco, sono infatti rimaste veramente poche quelle che
continuano, con grande spirito di sacrificio e amore per la montagna, a
svolgere questo bellissimo e difficile mestiere anziché emigrare in cerca di
un’altro lavoro.
Insomma,
un Parco per tutti ma non per gli escursionisti e gli appassionati frequentatori
di montagna. Con queste premesse com’è possibile
parlare di “strategia comune dei territori”, di “identità da trasmettere ai
visitatori e ai residenti” e proporre la candidatura per la “Carta Europea del
turismo sostenibile”.
Tutto ciò è quello che è successo
nel Parco del Pollino .
L’ideologia opportunistica del “rendere
fruibile” la montagna al turismo di massa ha oltrepassato, nel nostro parco, le
esigenze della conservazione della natura a tutto vantaggio delle ormai
abituali cattedrali nel deserto che altro non sono che sperpero di denaro
pubblico a beneficio di pochi. Di
conseguenza chiediamo all’On. Margiotta da dove trae tutte quelle belle parole
di ottimismo e di plauso verso un Presidente che ha distrutto e perennemente
modificato quel poco di idea di Parco, faticosamente costruita in tanti anni di
lavoro, trasformando l’Ente in una sorta di Comunità Montana allargata, dove si
può fare di tutto e il contrario di tutto.Da quando tempo, On. Margiotta, non
si fa un giro in forma anonima all’interno del parco e fuori dai comuni noti
per i quali l’ente non ha nessun merito per il loro sviluppo turistico? Saremmo
ben lieti di farLe da guida se avesse la bontà di venirci dietro per qualche
ora.
CAI
CASTROVILLARI
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