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Biomasse biomasse...

(articolo pubblicato in parte sul Quotidiano della Basilicata del 11/03/2010)
Biomasse, biomasse…non si fa che parlare di energia a proposito della Lucania. Dal petrolio alle scorie alle biomasse, appunto, siamo diventati non solo il Texas, ma la Chernobil e l’Amazzonia d’Italia. Adesso ci si mettono anche i professoroni coi loro progetti funzionali alla ricerca scientifica e…. al portafogli di certa gente. “Università asservita alle logiche dell’impresa”. Non è solo uno slogan dei no-global del movimento studentesco. Scopriamo che la Basilicata non è la regione delle splendide montagne del Pollino, dei calanchi di Carlo Levi, dei Sassi di Matera, dell’Aglianico, dei borghi e dei castelli, della piana di Metaponto con la sua ricchezza agricola, delle tradizioni, dei prodotti tipici, della cultura e dell’archeologia.. del mare di Maratea.
Il tesoro della Basilicata sono le biomasse, come si dice in un articolo apparso il 10 marzo sul Quotidiano della Basilicata. Ora, anch’io potrei essere d’accordo sulle centrali a biomasse, se di piccole dimensioni e in presenza di grandi piantagioni che producono grandi quantità di scarti vegetali, ma nell’articolo si fa letteralmente “di tutte le erbe un fascio”, mettendo assieme, nel concetto di biomassa, paglia, sterpaglie, vinaccia, latifoglie e conifere (ci mettiamo anche qualche bel pino loricato?)….e chi più ne ha più ne metta.

Lungimiranti le osservazioni della “professoressa” che ha coordinato il progetto di cui si parla nell’articolo:«I dati riportati nel dataset dell’Atlante - spiega Anna Barbati, professoressa del Disafri dell’ateneo di Viterbo - indicano la quantità di biomassa effettivamente ritraibile dal bosco per fini energetici; si tratta solo di una frazione del tasso naturale annuale di accrescimento del bosco, dunque si mantiene la riproducibilità della risorsa (il “capitale” rimane intatto e continua ad accrescersi nel tempo); in un’ottica di sostenibilità ambientale dell’uso della risorsa legnosa abbiamo ritenuto opportuno introdurre restrizioni al prelievo rispetto al potenziale massimo di produzione, anche nelle condizioni stazionali più favorevoli alla meccanizzazione delle utilizzazioni forestali; si deve inoltre considerare che la stima tiene conto delle limitazioni connesse all’accessibilità dei soprassuoli forestali, che condizionano l’ambito di convenienza economica delle utilizzazioni.

Sui boschi va affermato decisamente che, come scriveva Franco Zunino “assolutamente inconcepibile è una loro gestione al fine di sottrarre “industrialmente” alle foreste proprio la biomassa di cui hanno bisogno per crescere e per preservare tutte le loro componenti (non per nulla le stesse leggi forestali hanno sempre impedito il sottrarre ai boschi quella che oggi viene tanto pomposamente chiamata “biomassa rinnovabile”, come se fosse un prodotto da commercializzare!). Un prodotto chel’ENEL definisce, appunto, “risorsa pulita e rinnovabile”, ma che in realtà in una filiera naturale non è affatto rinnovabile, bensì “accumulabile”, il che è una cosa diversa, ed anche fondamentale per il futuro delle foreste: la terra su cui crescono e si rinnovano altro non è che biomassa accumulatasi permillenni“.

La professoressa parla di un bosco ma sembra stia parlando di una banca!!! Questo è un bell’esempo di approccio “scientifico” (direi anzi economicistico) alla natura slegato da ogni considerazione relativa ai valori di tutt’altro tipo, ovvero ambientali, culturali, spirituali, che può presentare un bosco!
Come si vede anche l’università, ormai asservita alle logiche imprenditoriali dello “sviluppo sostenibile” fa la sua parte. Complici di questa situazione, mi dispiace dirlo, quegli ambientalisti che da anni hanno propagandato la svolta verso le rinnovabili affidandosi alle “magie” del mercato . Come affidare un agnello ad un lupo (è un caso, per fare un esempio, che Chicco Testa, già segretario di Legambiente, è adesso anche uno dei dirigenti dell’ENEL?) La Basilicata non è “legna da ardere”, nè discarica di scorie, nè petrolio da estrarre. Altre sono le sue risorse e potenzialità. Che potrebbero svilupparsi se si desse la possibilità a 2000 giovani l’anno di non emigrare e di mettere al servizio della propria  terra cultura, capacità e sensibilità…

Pensassero pure alle biomasse loro, i briganti sono sempre pronti a tornare, magari a colpi non di “schuppetta” ma di petizioni, manifestazioni, occupazioni e quant’altro.

Saverio De Marco detto l’Indio
(Forum Stefano Gioia)

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