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Parchi, riserve e mountain bike


In mountain bike nel Parco del Pollino, presso Acquatremola - foto by Indio

 Il nostro Segretario Zunino ha più volte ripreso, in vari comunicati ed esposti, la questione delle gare e dell’accesso delle mountain bike nella Riserva Generale dell’Adelasia, criticandone i fattori di disturbo e l’impatto ambientale. Parto da questa questione di carattere locale per affrontare il discorso più generale dei criteri di gestione di che dovrebbero darsi per un’attività sportiva come quella della bici da montagna in parchi e riserve. Di solito la bici di montagna è considerata uno dei mezzi più ecologici per percorrere la natura: e tale indubbiamente è rispetto a mezzi molto più devastanti come i fuoristrada a motore, sia auto che moto. Il fatto che sia un mezzo ecologico non vuol dire però che con la bici si possa andare dappertutto… In aree delicate dal punto di vista naturalistico, come appunto le riserve naturali o le zone 1 dei parchi, su sentieri come su percorsi fuoristrada con bici da enduro, di regola dovrebbe essere non consentita. Mi è capitato di vedere spesso foto di ciclisti sulle cime delle montagne… Devo premettere che chi scrive non è un naturalista sedentario ma da sempre un appassionato di mountain bike: nel Pollino, in cui vivo, decine e decine di chilometri di stradine percorrono boschi e pascoli di montagna. Erano strade forestali o di campagna utilizzate un tempo da ditte, pastori e contadini e a volte mettevano in collegamento i paesi isolati del Pollino. Con la bici da montagna ci si può avventurare anche negli estesi boschi, passando per casolari di pastori, masserie, pascoli… Un modo per scoprire in maniera genuina la ruralità e la natura del parco. Gli itinerari “ufficiali” erano riportati nell’ utilissima cartina di Giorgio Braschi,  guida storica e promotore della conservazione naturale nel Pollino, “Carta escursionistica del Pollino lucano” (attualmente introvabile) . Ecco, son solo quelle – strade bianche e forestali preesistenti – che dovrebbero essere percorse dagli appassionati di  mountain bike, evitando le medie e alte quote  e i sentieri escursionistici …  mentre le stesse gare dovrebbero sempre svolgersi su questi itinerari “ufficiali”. Ho citato Braschi e riporto qui anche una sua opinione sulla questione: "Riguardo la questione MTB il mio punto di vista è molto rigido: massima libertà sulle carrabili sterrate (piste interpoderali e forestali per intenderci), ma divieto assoluto sui sentieri... a chi dice che non arrecano fastidio e non fanno danni, risponderei con l'invito a venire a vedere come i bikers hanno ridotto il sentiero della Timpa della Guardia, ormai segnato da solchi in preda all'erosione; scalini in legno realizzati anni fa col cantiere forestale letteralmente divelti, scalini in pietra costruiti con amore e impegno dalle "signore del parco" (lavoratrici ex LSU) demoliti dal passaggio delle bici. Non parliamo poi delle scorciatoie in prossimità di curve e tornanti, che evidentemente dànno molto fastidio ai bikers che preferiscono lanciarsi per la massima pendenza, trasformando le scorciatoie stesse in veri e propri calanchi... in quanto al fastidio, evidentemente chi scrive non si è mai trovato su un sentiero stretto ad incrociarsi con ciclisti scriteriati in folle discesa che costringono il gruppo a buttarsi nei cespugli ai lati... hai mai visto un biker percorrere un sentiero facile in discesa, a velocità moderata?.. Io mai, ho sempre dovuto scansarli abbastanza rapidamente per non essere investito...
Stesso discorso per le escursioni a cavallo. MTB e cavalli dovrebbero essere autorizzati a circolare solo su percorsi dedicati (ad esempio le "ippovie") come già si fa in altri parchi e sulle Dolomiti.
La responsabilità non é tanto del ciclista quanto spesso degli organi di gestione dei Parchi che non sempre indicano o regolamentano le attività consentite. Nella già richiamata Riserva dell’Adelasia invece, per fare un esempio, come richiamava Franco Zunino, i ciclisti hanno realizzato piste con strutture come “ una serie di trampolini, ponticelli, rampe e passaggi spericolati, con ripulitura dello strame, realizzazione di tracciati nel bosco e taglio di alberi (…) in palese violazione delle leggi forestali e della stessa legge istituiva della Riserva Regionale che espressamente vieta le attività ‘ludico-sportive incompatibili e compromettenti la stabilità dei versanti e l’agibilità dei percorsi; e l’ambiente naturale aggiungiamo noi”(Adelasia, esposto di AIW - http://rassegnastampa.comunecairo.it/?p=11425). Il disturbo causato da una pratica selvaggia della mountain bike incide oltre sull’ambiente stesso, soprattutto sulla percezione del visitatore, che in una Riserva o nelle aree più selvagge di un Parco vorrebbe camminare in santa pace senza vedersi passare alle spalle orde di ciclisti. Per quanto ecologica, la bici è pur sempre un mezzo meccanico, quindi sempre ricollegabile all’immagine della vita “urbana”, un’immagine che indubbiamente è una stonatura in aree integre dal punto di vista naturalistico. Abbiamo fatto l’esempio della mountain bike ma il discorso vale per tutte le pratiche ludiche e sportive. Ogni pratica deve essere compatibile con la conservazione naturale e il senso di pace di certi luoghi, e ogni pratica deve essere regolata con sani criteri di gestione. Ne trarrà vantaggio la conservazione naturale ma ancor di più la soddisfazione e la sensibilizzazione ecologica dello stesso fruitore.

Saverio De Marco
(Guida Ambientale Escursionistica e Vicepresidente AIW)

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