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Centrale idroelettrica del Frido: il fiume si tutela, non si svende per produrre energia




Fiume Frido al crepuscolo

Dopo la notizia dell’approvazione del progetto di una centrale idroelettrica sul Frido,  (http://www.lasiritide.it/art.php?articolo=13975), che chiama in causa i comuni di San Severino Lucano, Viggianello e Chiaromonte, chi tiene a cuore e rispetta questo fiume si è attivato immediatamente per saperne di più. Finora si è potuta visionare solo una delibera della Regione Basilicata contenente le varie fasi di approvazione e una descrizione sintetica del progetto, risalente al 2011 e presentato dalla società H.D. S.r.l. (DGR n. 835/2013 del 09/07/2013). L’impressione è che tale progetto sia stato volutamente tenuto “nascosto”; se ne vociferava da anni ma almeno chi scrive non ha potuto visionare nessuna notizia in merito fornita dalla stampa. Né è stato preso in considerazione il parere di coloro che il Frido lo frequentano e lo amano, pescatori, escursionisti, guide, ambientalisti, semplici cittadini. Ciò richiama evidentemente in causa anche un problema di carenza di democrazia partecipativa, perché tale progetto è stato deciso e approvato a stanze chiuse senza che i cittadini abbiano avuto modo di informarsi e fare le opportune valutazioni. Ma andiamo oltre. 

La prima cosa da ribadire, al di là di ogni valutazione sull’utilità o meno di una centrale idroelettrica, degli interessi che vi girano attorno e dei soldi pubblici spesi per realizzarla, è la totale incompatibilità di un progetto del genere con la mission di un Parco Nazionale. I Parchi originariamente erano stati istituiti per conservare certi ambienti naturali come appunto i corsi d’acqua ancora integri e la loro biodiversità, non già per proporre lungo le rive dei fiumi centrali a biomassa o centraline idroelettriche. Cose che si davano per scontate: si casca veramente dalle nuvole! La funzione del Frido non dev’essere quella di produrre energia elettrica per favorire gli interessi speculativi di una qualche società. Intanto il Frido ha un valore in sé, non quantificabile in termini monetari, per la biodiversità che favorisce e le emozioni che dà ai suoi fruitori, siano essi pescatori o escursionisti. E poi c’è l’importante finalità turistica che porta ogni anno sulle sue rive migliaia di visitatori. Si ha veramente disgusto nel leggere il progetto di costruzione della centralina, proprio perché il Fiume viene trattato alla stregua di un contenitore d’acqua utile solo per produrre una certa quantità d’energia. 

E veniamo al merito del progetto di “Mini Idro” e alla sua compromissione dello stato ambientale del corso d’acqua. Come si legge nel progetto e come sintetizza efficacemente un ingegnere ambientale, F. De Benedictis su La Siritide: “in primis non lasciamoci condizionare dal termine “mini-idroelettrico”, tutto sarà tranne che mini, infatti la centrale avrà una potenza nominale di 987 kW, circa 1 MW, vedrà la realizzazione di una condotta di presa lunga 6,8 km, che alimenterà una vasca di carico di dimensioni in pianta di 15,7 m x 27,4 ed una profondità di 5 mt per una capacità di 1269 m3. Il tutto si completerà di una condotta forzata di diametro 900 mm ed una lunghezza di 2591 m che alimenterà due turbine Pelton ospitate in un edificio di centrale in cemento armato di dimensioni pari a 14,9m x 11 m ed una altezza di 6,23 mt, e per finire verrà costruito un canale di restituzione di 2x2 mt anch’esso in c.a. Dopo queste precisazioni lo definiremmo ancora un impianto mini?”. È un problema l’ulteriore captazione di un fiume che di captazioni ne ha già subite tante (basti pensare alle Sorgenti del Frido), e che non può subirne un’altra, paradossalmente, nel momento in cui è inserito nelle zone ad alta protezione di un Parco Nazionale. L’acqua serve al fiume per la sua sopravvivenza, intesa come sopravvivenza di tutte le specie che vi abitano. Anche se si interrompe la captazione per solo due mesi in estate, questa non farebbe che portare comunque dei danni all’ecosistema. Scrive ancora De Benedictis: “Ritornando sul tema della centrale, questa avrà una portata massima di 1351 l/s e garantirà solamente 150 l/s di deflusso minimo vitale, capite subito la sproporzione tra quanto prelevato e quanto garantito, ossia si trasformerà il più importante torrente del Pollino, il Frido, in un piccolo ruscelletto di montagna.”

Va detto che i pescatori della FIPSAS (Federazione Italiana Pesca Sportiva) hanno subito compreso la gravità di questo progetto idroelettrico intervenendo pubblicamente, per primi,  in difesa del fiume. Un fatto che non può che essere lodato dall’Associazione Italiana Wilderness, e che è anche la dimostrazione di come nelle comunità locali ci siano tanti fruitori della natura che difendono il territorio, pur non essendo “ambientalisti con la patente”. Ecco cosa scrivono i pescatori in una nota: “Il Frido è tra i maggiori corsi d’acqua del Parco Nazionale del Pollino, di grandissima importanza ambientale, vedi la presenza accertata della lontra (…) della trota fario e di tantissime altre forme di vita (…) Quindi, lasciamo immaginare il grave danno che si ripercuoterebbe sull’intero ecosistema fluviale”. È curioso che debbano essere i pescatori a fare queste affermazioni di buon senso, quando dovrebbero essere i funzionari del Parco e gli altri burocrati che hanno autorizzato il progetto ad offrire le garanzie di controllo e salvaguardia.

Altra questione è l’impatto dei lavori per la realizzazione delle condotte idriche. Nella sintesi del progetto si capisce chiaramente che per far avanzare questa condotta per quasi sette chilometri saranno necessari lavori di sbancamento, taglio di alberi, grandi movimenti di terra, con ruspe ed escavatori sui tratturi e sentieri esistenti, non c’è bisogno di essere un ingegnere per capirlo.
Un’ulteriore cementificazione riguarda la costruzione dell’edificio della centrale e del canale di restituzione dell’acqua di 2x2 mt, anch’esso in cemento armato, che sarà posto in uno dei tratti più selvaggi ed integri del fiume. Per non parlare del disturbo della fauna… Chiaramente tutto questo comporta un elevato impatto ambientale, del resto riconosciuto nello stesso progetto, seppur “minimizzato” arrampicandosi sugli specchi. Del resto, si parla di “riqualificazione ambientale” al termine dei lavori di realizzazione della centrale, e per esserci un “ripristino” in programma vuol dire che si ammette implicitamente che una qualche forma di scempio è inevitabile. Ma dopo lavori di tale portata non ci potrà mai essere un effettivo ripristino dei luoghi. Ridicoli sono poi gli interventi di compensazione che la società dovrà realizzare: si passa dalle vasche per la pesca sportiva per accontentare qualche pescatore a percorsi “didattici naturalistici” (sic!). Ecco cosa si legge: “l’impatto visivo e paesaggistico più significativo è rappresentato dal percorso della condotta che sarà ad ogni modo interrata e sarà tema di un percorso naturalistico (…) Il percorso didattico-naturalistico sarà attrezzato con una serie di attività ludico-ricreative grazie alle quali gli utenti potranno scoprire come l’energia elettrica possa essere generata con il ricorso a fonti rinnovabili.” Si aggiunge inoltre che il percorso sarà attrezzato per renderlo fruibile con passeggiate e trekking. Detto in parole povere: i turisti visitano le rive di un fiume non per scoprire fauna e flora di un habitat, ma per capire come il fiume produce energia elettrica! Ad insegnare l’educazione ambientale ai ragazzi non saranno più le guide ma le società dell’energia e le ditte di costruzione. Così pure saranno questi benefattori a realizzare i percorsi escursionistici per i turisti lungo le condotte di captazione. Le guide del Parco possono solo ringraziare! Il tutto rientra evidentemente nella solita logica speculativa di quelle società che dopo aver fatto i loro interessi promettono qualche grottesco contentino alla popolazione. Un po’ come quando si lancia un pezzo di pane ad un cane per farlo stare buono.

Il progetto ha avuto tutte le autorizzazioni necessarie, si dirà. Non sempre però la legalità coincide con la correttezza e l’utilità di certe opere. Coloro che rilasciano pareri favorevoli e autorizzazioni spesso non frequentano né conoscono certi ambienti naturali, né forse hanno capito che la tutela è la finalità più importante quando ci si approccia ad ambienti naturali integri. Da essi la natura è trattata evidentemente come materia bruta, in senso prettamente tecnico. Concludiamo in bellezza con un po’ di filosofia, che fa sempre bene.  Il grande filosofo tedesco Heidegger, diceva, a proposito del confronto tra tecnica antica e moderna che “la centrale idroelettrica non è costruita nel Reno come l’antico ponte di legno che da secoli unisce una riva all’altra”. Il fiume stesso è incorporato nella costruzione della centrale. Il fiume rimane, ma solo come oggetto “impiegabile”. In un fiume come il Reno (o il Frido) non si vede un semplice corso d’acqua o uno spettacolo naturale. Si vede un oggetto che ha una velocità e una portata idraulica, una fonte di energia idroelettrica trasformabile in energia cinetica. Si vede nel Reno un ente a disposizione, calcolabile, usabile, manipolabile, una cosa che può assumere funzioni; anzi, non la cosa, ma solo le sue funzioni possibili. Ai suoi occhi, la cosa, l’ente, non ha nessuna essenza propria, è come se la cosa non esistesse: in una parola significa considerarlo quasi pari a nulla... Ben diverso il confronto con il recente caso della Nova Zelanda, dove un fiume considerato sacro dai Maori è stato riconosciuto come “essere vivente” dal parlamento: una prima mondiale, che vede attribuire al fiume Whanganui una “personalità giuridica con tutti i relativi diritti e i doveri”.



Saverio De Marco
Consigliere Nazionale Associazione Italiana Wilderness
Guida Ambientale Escursionistica (AIGAE)
Presidente Gruppo Lupi San Severino Lucano




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