COMUNICATO STAMPA
UN’ORSA ZOPPA: DI CHI LA RESPONSABILITÀ ?
Dare la colpa ai bracconieri è stata la cosa più facile. Nel Parco Nazionale d’Abruzzo si aggira da anni un’orsa senza una zampa anteriore (la destra si dice). La logica ed il buon senso ci fanno intuire che solo mediante un laccio d’acciaio un orso può strapparsi letteralmente una zampa a causa dei tentativi di liberarsi. E chi usa i lacci d’acciaio? I bracconieri ovviamente. Ma non solo. Gli ultimi orsi catturati illegalmente con lacci d’acciaio, quali trappole di cattura per i cinghiali, risalgono agli anni ’80. Da allora più nessuna segnalazione del genere è giunta alle autorità ed ai media. Ma da allora di lacci d’acciaio ne sono stati posti ben altri, ed altri ancora sono in programma per il futuro. Si tratta dei lacci d’acciaio utilizzati dai ricercatori che catturano gli orsi per munirli di radiocollari. I due metodi sono diversi: il primo è mirato a catturare per il collo gli animali, l’altro per le zampe. Nessuno vuole sostenere che proprio da questi lacci si debba far risalire la mutilazione subita dall’orsa. Ma nessuno lo può smentire, se non le persone che li hanno predisposti, le quali hanno il crisma della credibilità per l’autorevolezza degli incarichi che rivestono. Quindi noi crediamo a loro sulla fiducia. Ma vorremmo lo stesso avere delle prove che a distendere quel laccio in particolare siano stati i bracconieri, non credere sulla fiducia a delle dichiarazioni da parte di autorità che hanno tutto l’interesse a sostenerlo.
Resta un fatto, documentato, a lasciare aperto lo scenario. E’ quanto meno dal settembre 2009 che le autorità del Parco sono a conoscenza della presenza di quest’orsa zoppa in giro per il Parco. Due anni di silenzio assoluto, salvo una lettera riservata di smentita, senza prove documentali, inviata allo scrivente: “Questo Ente è a conoscenza della presenza di due esemplari con tali problemi: una femmina è priva dell’estremità di un arto anteriore, mentre è un altro esemplare è stato visto varie volte zoppicare. (...) non è comunque da mettere in relazione con le operazioni di cattura a fini di ricerca in corso, in quanto gli stessi non sono mai stati catturati (non presentano infatti marche di riconoscimento)”.
Ora, come non chiedersi, come mai tutti questi anni di silenzio su questo fatto? Come mai non sono stati diffusi allora i comunicati che addebitavano ai bracconieri questi misfatti? Come mai solo ora? E, come potevano essere marchiati orsi che si sono ovviamente liberati dei lacci perdendo una zampo o anchilosandosela? C’è solo una spiegazione ipotizzabile: solo le autorità del Parco, le guardie, il sottoscritto e pochi altri, erano a conoscenza della presenza di quest’orsa zoppa. Nei giorni scorsi l’orsa è stata invece “scoperta” dai turisti (perché la località dell’Acquaventilata dove essa è stata avvistata è un noto luogo dove i turisti vanno a cercare di avvistare e fotografare gli orsi). Ecco che allora le autorità sono state costrette a dover dare una spiegazione. E l’hanno infine data, con almeno due anni di ritardo: la colpa e dei soliti bracconieri, e dire bracconieri è quasi come dire cacciatori! I soliti, gli unici comodi nemici dell’orso.
Sul fatto che l’orsa zoppa frequentasse quei prati perché stava ricercando campi di mais, di grano e di carote o di erba medica per alimentarsi prima di procedere verso le sua tana d’inverno si è addirittura preferito imbastire una romantica storia senza senso, se non nel desiderio di chi l’ha scritta e diffusa, e di chi nel campo del giornalismo l’ha ritenuta perfetta per essere venduta ai lettori. Ed ecco allora la fiaba dell’orsa che, poverina, cerca ancora il suo amore perduto, che adotta due cuccioli senza mamma! Neppure un rigo sul fatto che in quei campi non vi fossero più i prodotti delle coltivazioni che l’orsa in realtà andava a cercare.
E allora avanti ancora con le ricerche, altre catture, altri collari (c’è chi ha proposto di mettere un collare ad ogni orso, per poterli seguire: come i detenuti col braccialetto!). Pensano così di salvare il rimasuglio di orsi marsicani sopravissuti fino ad oggi; cioè, non facendo nulla di concreto di ciò che l’orso avrebbe bisogno se potesse parlare: nessuna coltivazione a cura delle autorità; nessun aiuto o equo indennizzo all’allevamento ovino (che è poi la massima attrazione per l’orso); nessun controllo al turismo delle zone dell’orso – anzi ticket a pagamento per chi lo vuole andare a vedere – nessun veto alle centrali fotovoltaiche che stanno invadendo proprio quei terreni un tempo coltivati a grano e mais; nessun controllo all’esuberanza dei cinghiali che stanno devastando ogni risorsa alimentare naturale dell’orso.
E allora, avanti con le ricerche, e poi con i convegni e le pubblicazioni. Intanto paga l’Europa!
Murialdo, 16 Novembre 2011 IL SEGRETARIO GENERALE
F.to Franco Zunino
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