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DISNEYLANDIZZAZIONE DI UN PARCO

Fonte articolo:  “PASSAMONTAGNA” Rivista trimestrale della sezione di Castrovillari del Club Alpino Italiano



DISNEYLANDIZZAZIONE DI UN PARCO



“Senza dinari non si cantano missi”. Mai come ora questo antico adagio è di attualità. Mi limito ad un commento dentro i parametri ambientali che più mi si confanno alla mia cultura di modesto conoscitore e studioso di problemi ambientali. Qualche giorno fa il presidente dei Verdi (esistono ancora?) un certo Bonelli si lamentava che “«Il taglio del 50% ai parchi nazionali previsto dall'articolo 7 della manovra non è una svista ma fa parte di una precisa strategia che mira alla privatizzazione delle aree protette italiane. Non è la prima volta che il ministro Tremonti prova di mettere in piedi questo meccanismo: già con il Dpef del 2008 aveva provato a far sciogliere i parchi inserendoli fra gli enti inutili e da tagliare, oggi ci riprova con la manovra». Non so se quanto afferma il Verde corrisponda a verità. Non ho motivi per credere neanche al contrario. So con certezza che il sistema parchi che si voleva attuare agli inizi degli anni ottanta è miseramente fallito. Per tanti motivi. Uno di questi è la completa mancanza di una visione di insieme del ruolo che le aree protette dovevano rappresentare per la nazione. Il vecchio ministro Ronchi in una interpellanza al Parlamento pose ai suoi colleghi una domanda fondamentale: i parchi di chi sono ? E chi li deve gestire? La risposta fu unanime. I Parchi sono dello Stato e di conseguenza è lui il gestore principale. È ovvio che in epoca di federalismo questa risposta “suona” male per coloro che gridano a “Roma ladrona”.

La conseguenza di questo quesito che stabilì con assoluta certezza chi doveva gestire i parchi nazionali fu la logica dell’abbandono. Il governo di sinistra cadde. Ritornò il centro destra al potere e il dicastero dell’ambiente venne affidato alla signora Prestigiacomo. La quale dopo un primo rigurgito di orgoglio della estate scorsa che animò le “notizie dell’ombrellone” si ritirò in buon ordine e lasciò le aree protette al suo destino. Il ministro delle finanze – non credendo ai suoi occhi – intervenne con estrema decisione ed anche questa finanziaria tagliò i finanziamenti ai parchi. Oggi abbiamo 25 parchi nazionali finanziati con … 25 milioni di euro. Come dire un milione di euro ad area protetta. Giusto per fare un paragone, il ministro della difesa ha chiesto ed ottenuto la partecipazione alla costruzione di un nuovo aereo difensivo europeo dalla modica cifre di 250 milioni di euro per ogni esemplare. È solo una questione di unità di misura. È anche lo specchio dei tempi che non cambiano mai. Raoul Follerau molti anni fa chiese l’equivalente somma di un caccia bombardiere per sfamare il mondo. Facile immaginare quale fu la risposta. Tant’è che la fame nel mondo è aumentata e di parecchio.

Infine, un funzionario del nostro parco, alla notizia del taglio dei fondi, esordì con una frase che mi colpì molto: “Meglio. Così la smettiamo di credere che il parco possa risolvere tutti i mali del mondo e di creare inutili aspettative”.


Ottima risposta! Non c'è che dire. A questo punto forse non è troppo campata in aria l’idea del ministro Brunetta che si stava prodigando con una mentalità da ragioniere (tutti gli enti sotto i cinquanta dipendenti vanno chiusi) a mandare a casa tutta questa pletora di lavoratori che aspirano a non fare nulla per guadagnarsi la pagnotta. Se questi sono i funzionari addetti alla conservazione del nostro patrimonio naturale non mi sorprende che all’ingresso di uno dei centri visita del Parco nazionale del Gran Paradiso – un tempo un glorioso Parco – campeggi la seguente definizione di area protetta: “Un area protetta è un territorio in continua evoluzione, che l’uomo modifica in positivo e in negativo. È anche un importante fonte di dati che consentono di misurare l’evoluzione del territorio, la sua complessità e dinamicità. La gestione di un parco consiste nell’armonizzare la conoscenza dei dati con l’uso attento delle risorse. La gestione di un territorio protetto è la risposta alla complessità, in quanto la protezione delle risorse naturali è legata agli effetti delle trasformazioni del territorio”. Roba da matti! Per i lettori del nostro periodico mi permetto di riportare la definizione esatta di Parco Nazionale che il nostro ministro dell’ambiente del tempo ha sottoscritto: “è (il parco nazionale) un area naturale di terra o di mare destinata a:

1. Proteggere l’integrità ecologica di uno o più ecosistemi per la presente e le future generazioni;


2. Escludere lo sfruttamento o l’occupazione umana contrarie agli scopi della destinazione dell’area;


3. Provvedere un insieme di misure per il profitto spirituale, scientifico, educativo


e ricreativo dei visitatori, misure che devono essere compatibili ambientalmente e culturalmente.



In questa sintesi è contenuta la esperienza concreta e la filosofia dei parchi nazionali di tutto il mondo, da Yellowstone al Parco d’Abruzzo, quando funzionava e si sforzava di applicare un nuovo modello di sviluppo. Ho la amara impressione ( per non dire la quasi certezza) che la “disneylandizzazione” dei parchi sia già in atto e che per quieto vivere si fa finta di non vederla altrimenti si incorre nelle ire del direttore di turno e allora sono guai. Avanti allora con la giostra da luna park di San Severino lucano per ammirare le vette del Pollino, oppure con la mega buca di Latronico dove i visitatori sono invitati ad entrare e a guardare da una feritoia per sentirsi parte integrante della natura … e ancora che dire delle “uova di pietra” - una sorta di stonhenge - da installare in un bellissimo promontorio dell’alta Val Sarmento, alla quale va aggiunto lo sbarco dei greci tra luci psichedeliche ed effetti cinematografici sul Lago di Monte Cotugno, per non parlare del “Teatro Vegetale”. Tutta questa roba dal costo di svariati milioni di euro (l’ultima stima parla di circa venti milioni di euro) che va sotto il nome di Arte Pollino va esattamente nella direzione opposta di quanto stabilito dalla IUCN (Organizzazione mondiale per la conservazione della Natura). Ma chi se ne è accorto? Oppure , visto che i Parchi nazionali non sono stati quel volano di sviluppo che tutti si aspettavano non è forse meglio ricorrere agli effetti speciali? Ai posteri l’ardua sentenza!

Emanuele Pisarra

Commenti

  1. Indio, divertiti con questo articolo, pieno zeppo di "belle" idee per il Pollino.......e per la WILDERNESS come piace a te....eheheh http://www.lasiritide.it/art.php?articolo=4420
    Saluti
    Gloover

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