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Appello per l'orso bruno marsicano

DOCUMENTO

                                                                                     Alle Autorità tutte
                                                                                     Alla Stampa
                                                                                     Al mondo ambientalista


ORSO BRUNO MARSICANO:
UNA TRAGEDIA SEMPRE PIÙ ANNUNCIATA!

Aprile 2011. E’ appena iniziato un nuovo anno per l’Orso bruno marsicano, che tra marzo ed aprile lascia le tane di svernamento per ricominciare a riprendere possesso dei suoi territori, e già ci giungono le prime nefaste notizie:
- 10 aprile, un orso assale un pollaio a Villetta Barrea e divora 10 galline;
- marzo/aprile: gli orsi uccidono 4 vitelli (ed i lupi altri 5) a Gioia dei Marsi;
- 18 aprile: un orso uccide una mucca (e ne ferisce altre) a Civita D’Antino;
- 21 aprile: a Scontrone viene ritrovato il corpo di un orso morto, presumibilmente ucciso nello scorso tardo autunno.

Quattro notizie in meno di un mese. Tutte negative, perché è agli occhi di tutti come questi fatti si siano praticamente verificati non solo fuori dal Parco, ma addirittura fuori dalla sua zona “contigua”; orsi che vivono in un anello esterno al Parco, quel Parco che avrebbe dovuto proteggerli e che è invece pieno di turisti, di cinghiali e cervi e vuoto di orsi! Eppure nessun’autorità ha saputo spiegare questo fenomeno che esplicita un totale fallimento di una gestione che dura da troppi decenni senza un guizzo di inventiva. Autorità che strillano contro il bracconaggio, un fenomeno che in Abruzzo non è mai esistito e men che mai ai danni dell’Orso! Inutile che il Presidente del Parco dica che “dobbiamo fare di tutto per debellare il fenomeno del bracconaggio”. Non è colpendo i supposti bracconieri (che vanno comunque puniti) che si debella il bracconaggio, ma evitando le motivazioni che spingono alcune persone a farsi tali; e di questa mancanza la responsabilità va addebitata a tutte quelle autorità che riunite nel pomposo PATOM (Piano d’Azione per la Tutela dell’Orso Marsicano)  nulla di concreto hanno finora saputo fare. Sono solo lì in attesa di un miracolo, di un “decollo” delle nascite (parole del Presidente del Parco) e di un crollo delle morti che permettano loro di salvare capra e cavoli senza farsi troppi nemici politici.

Il vero bracconaggio è un’attività illegale che pratica, con permesso o meno di caccia, chi si procura selvaggina al di fuori delle leggi per scopi alimentari e di trofeistica. Gli orsi che sono stati presumibilmente uccisi da pastori, sia in passato sia negli anni recenti, lo sono stati come rivalsa per i danni subiti (danni economici diretti ed indiretti ma anche affettivi) e quasi mai indennizzati o indennizzati malamente ed in deplorevole ritardo. Eppure il Parco Nazionale d’Abruzzo ha un bilancio di svariati milioni di euro all’anno, milioni di euro che vengono quasi tutti spesi in stipendi inutili per personale inutile (in quanto in soprannumero) e per attività di sostegno al turismo. Come se il Parco Nazionale d’Abruzzo fosse stato istituito, quasi un secolo fa, non per salvare l’Orso marsicano ed il Camoscio d’Abruzzo ma solo per creare posti di lavoro ed incrementare le attività turistiche! Scopi sacrosanti, ma che avrebbero dovuto essere limitati, all’indispensabile il primo e moderato il secondo (che andrebbe lasciato alla libera imprenditoria e solo controllato dal Parco, non già favorito come invece avviene), e comunque scopi che mai sarebbero dovuti divenire primari come invece si sono trasformati, a scapito della vita stessa dell’orso.

Negli ultimi dieci anni è avvenuto un cambio continuo di dirigenti, funzionari e collaboratori esterni, ed anche studiosi, ma quasi tutti formatisi alla scuola di quel periodo storico che va dagli anni ’70 ed ’90 del secolo scorso; quel periodo che si è quindi perpetuato senza nessun guizzo di diversa immaginazione, sempre pronti a tacitare chiunque non la pensi secondo le direttive ufficiali ed osi proporre qualcosa di diverso, di meno teorico e più concreto per cercare di salvare l’Orso, mettendo sempre avanti le teorie più “scientifiche” o quelle “politicizzate” (perché, non dimentichiamocelo, anche la politica vera ha sempre condizionato la nomina ai vertici di questo come di altri Parchi!); teorie che in primo luogo non devono arrecare danno all’economia da turismo, né tanto meno a quel mondo scientifico che da anni campa su studi e ricerche più o meno inutili o quanto meno non indispensabili (ricerche che sono già riprese, favorite da un nuovo contributo europeo), ma che ancora non hanno saputo dare una spiegazione plausibile e pubblica per quegli orsi che, se mai ancora vivono, stanno girando per il Parco senza una delle zampe anteriori o con una di esse anchilosate; orsi “morti che camminano”, ma nessuno ne parla né si è mai preso la responsabilità né di annoverarli tra gli orsi persi né tanto meno di dare spiegazioni ufficiali ed alle luce del sole di come mai essi siano portatori di queste menomazioni: eppure una ragione ci deve essere, visto che mai prima (storicamente!) si erano verificati casi del genere. Per non dire del perché dei continui assalti ai pollai (anche questi mai, o molto raramente, verificatisi in passato). In pratica, studi che sono una continua diagnosi senza che mai siano scaturiti in una cura! Di questo passo ovvio e normale che il “paziente” prima o poi finirà per morire!

Dopo il recente ultimo ritrovamento di un individuo morto a Scontrone, come non cominciare a pensare che l’Orso marsicano sia orma avviato sulla via del non ritorno? Statisticamente per ogni orso trovato morto “a caso” si presuppone che esista il 100% di probabilità che almeno un altro orso morto non sia stato trovato. O si interviene oggi, e drasticamente, per far cambiare le cose, o per l’Orso bruno marsicano sarà la fine. Sono gli stessi esperti di genetica a farlo presente. E che poi non vengano i soliti noti a dirci che bisogna rinsanguare la popolazione con immissioni di orsi sloveni (cosicché il baraccone delle catture e delle “collarizzazioni”, degli studi e ricerche, continui a girare!). Se così dovesse accadere, saremmo noi della Wilderness i primi ad unire le genti d’Abruzzo e del Lazio per una protesta verso  chi  non  ha  saputo  salvare  l’orso  marsicano  ma  continua  a pretendere di farlo portando avanti la solita politica di criminalizzazione dei cacciatori e dei pastori con annessa perenne proposta di ampliare il Parco come unica soluzione al problema (“rincorrendo” l’orso con vincoli di Parco a mano a mano che si sposta, vessando solo alcune categorie di cittadini, ed autorizzando nel frattempo progetti ai danni dell’habitat dell’orso e quindi dell’orso stesso, negli stessi territori che si vorrebbero annettere al Parco per chiuderli alla caccia - e forse per aumentare il potere ed i finanziamenti dell’inefficiente apparato pubblico). Perché è troppo banale sostenere che per salvare l’orso bisogna creargli oasi di quiete, preservare ogni angolo del suo territorio di vita dai troppi progetti che li minacciano (attualmente almeno 5 sono in corso di approvazione tra Parco e fuori Parco, sui quali le autorità tutte, per ragioni politiche sminuiscono l’impatto sulla vita dell’orso al fine di farli approvare), seminare campi, incrementare la pastorizia ovina ed indennizzare bene i pastori ed allevatori, ridurre drasticamente la presenza dei cinghiali (e forse anche dei cervi) che fanno tabula rasa delle risorse trofiche dell’orso! Troppo banale, troppo semplice, troppo poco scientifico, troppo lesivo di interessi vari (o di principi “ecologici”!) che non si vogliono toccare. Dai circa 100 e più orsi presenti nel solo Parco Nazionale e suoi stretti circondari si è passati ai circa 50 sparsi in mezza Italia centrale: ovvio che sia da questa diaspora che debba farsi risalire il perché della bassa natalità che ha caratterizzato la popolazione negli ultimi anni - con un solo momento positivo nel 2009 - e della mortalità violenta di individui (perché se la gente dei paesi del Parco ama l’orso, la stessa cosa non può dirsi di paesi dove l’assenza dell’animale risale a troppi anni se non a secoli addietro).

La prima risposta che le autorità devono dare alle notizie sopra citate è quella sul perché così tanti orsi vivono fuori dal Parco. Risposta che per noi non può che essere: troppo disturbo nel Parco e mancanza di fonti alimentari agricole e zootecniche tradizionali. Tutte cose che l’orso trova invece all’esterno del Parco. Per cui non è ampliando il Parco o chiudendo la caccia che si risolve il problema (caccia che peraltro da numerosi anni non è più stato dimostrato essere la responsabile della moria di orsi), ma operando gestionalmente affinché l’orso ritorni e si mantenga nei sui antichi lidi. Ma per fare questo bisogna dare una svolta all’attuale gestione del Parco, e per dare una svolta è il caso di cambiare le persone, come anche la politica ci insegna.

Inutile che poi le autorità si lamentino del fatto che l’aumento della popolazione di orsi “non decolla”, come è stato scritto, quando sono poi state le stesse autorità ad aver scritto, giusto un anno fa, supportate dalle tesi degli studiosi, che la presenza di circa 40/50 orsi nel Parco era l’optimum per la popolazione, giustificando un rovescio trasformando una sconfitta in un fatto positivo!



Murialdo, Pasqua 24 Aprile 2011                                                 IL SEGRETARIO GENERALE
                                                                                                             F.to Franco Zunino


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