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Libri di vetta e "profanazione" della cima. Un intervento di Giorgio Braschi.


Questo intervento di Giorgio Braschi  è stato scritto con riguardo alla prossima installazione di un nuovo libro di vetta sul Monte Caramolo (da parte dello sci club Saracena).
Come rappresentante dell'Associazione italiana Wilderness non posso che concordare in pieno con l'intervento seguente del "maestro" Braschi. Nella mia "carriera" di escursionista ho visto troppo spesso montagne selvagge imbrattate proprio nel punto più sublime dell'ascesa, ovvero la vetta (un esempio per tutti il Monte Amaro sulla Maiella). Libri di vetta, Croci,  targhe di metallo, targhe di marmo, madonnine e altre cose (in certi casi poste anche da locali sezioni del C.A.I.), rappresentano una violazione all'aspetto incontaminato delle cime. La cosa migliore per rispettare le vette è che ognuno.. non vi ponga proprio nulla. Quando arrivo in cima ad una montagna voglio solo vedere, al limite,  un mucchietto di sassi che mi indichino l'arrivo alla meta... e basta!
Saverio De Marco, 
Delegato AIW Regione Basilicata



Esprimo il mio disaccordo riguardo l'installazione dei libri vetta.
Li ritengo un po' una profanazione all'integrità della montagna, proprio in quella parte più significativa, importante, pregna di significati, oserei dire più sacra, che è la vetta...
Guardate come è ridotta la Dolcedorme, anzichè trovare la comunione con l'infinito, gli orizzonti, l'Assoluto espresso da una Natura incontaminata, troviamo uno squallido bidoncino di metallo contenente i fogli su cui lasciare il segno narcisistico e/o possessivo del nostro passaggio, un po' come lo schizzo di pipì che lasciano i cani per dire "qui sono passato io"....
Forse sono un ipersensibile e non pretendo di possedere il Verbo, ma comunque inviterei tutti gli appassionati di montagna (quelli veri, non quelli che collezionano vette o che calcolano i minuti in meno impiegati a compiere un' escursione rispetto agli altri...) a fermarsi un attimo a riflettere e pensare a quanto sia giusto, oggi, artificializzare con inutili e deturpanti strutture, anche se piccole, i più elevati ambienti, e più incontaminati, che ci riserva il nostro territorio (quindi più sacri e degni di rispetto); forse le vette delle nostre montagne sono le ultime vere "porzioni" di wilderness che abbiamo.
Interessante è la lettura dell'intervista a Messner sull'ultimo numero di settembre della Rivista del CAI "Montagne 360°" a pag. 44.
Ormai da qualche anno preferisco raggiungere vette secondarie che ancora esprimono il fascino della Natura incontaminata, rispetto a quelle più elevate e note, imbrattate da scritte, croci, muretti, ometti di sassi, targhe metalliche, pali e bastoni vari... perdonatemi, forse sono l'ultimo dei romantici.

Giorgio Braschi

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