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Il bivacco Pelino, il Cai e la lotta del movimento wilderness per l'integrità della Maiella

il bivacco Pelino, sulla cima del Monte Amaro: il geologo e alpinista Stefano Ardito lo definì un'opera "orrenda" - foto by Indio




“Il fascino della Maiella sta proprio nel fatto di saperla così selvaggia e di difficile attraversamento; sta nel fatto di sapere fin dall’inizio che ogni escursione può trasformarsi in un’avventura, che ci sono dei rischi da affrontare: eliminiamo questo fascino mediante i supporti logistici (strade e rifugi e bivacchi) e avremo eliminato la Majella”

(Franco Zunino, 1988)

Le battaglie per salvare l’integrità naturale della montagna della Maiella hanno caratterizzato i primi passi del movimento wilderness e risalgono ai primi anni ‘80. Le lotte dell’allora neonato movimento sorto per iniziativa di Franco Zunino erano indirizzate contro l’assalto alla montagna di strade, rifugi, funivie, sciovie. Importanti furono i risultati raggiunti da quelle storiche battaglie conservazioniste, che si concretizzarono con l’istituzione delle prime riserve integrali (come quella di Fara San Martino). Alla base delle posizioni del movimento wilderness c’era la volontà di preservare questo superbo e maestoso “bastione naturale” così come era sempre stato: “la Montagna della Maiella è bella coì come è giunta a noi dai tempi dei tempi, così selvaggia e impervia, così pericolosa come qualcuno la definisce (come se le automobili non fossero pericolose!). Le visioni che si colgono dal Monte Acquaviva e che abbracciano uno dei più grandi panorami d’Italia sono il premio di chi con le proprie forze e la propria volontà giunge lassù in quella solitudine”(1) . Veniva ribadita da Zunino anche la necessità di difendere quei valori culturali che sancivano da secoli l’antico rapporto dell’uomo con la natura selvaggia della Maiella, valori espressi dalla civiltà dei pastori d’Abruzzo. “Una antichissima terra di pastori, dei pastori che scrivevano versi nei silenzi della alte quote riflettendo sulla vita e sui suoi veri significati, nella loro saggezza istintiva, è rimasta la Montagna della Maiella, il cuore selvaggio dell’Appennino.”(2) Una montagna che come accennavo prima cominciò subito ad essere presa d’assalto dal turismo di massa. Una grossa parte di responsabilità in questa situazione l’ebbe il C.A.I, il Club alpino italiano di Sulmona. In una recente escursione alla Maiella ho avuto modo di valutare personalmente l’impatto di certe opere sulla cima del Monte Amaro tra cui l’ipersegnalazione dei sentieri, la presenza di croci e altra ferraglia e soprattutto l’impatto del bivacco Pelino. La vicenda che portò all’installazione del bivacco Pelino è emblematica di quel tentativo di addomesticamento e di deturpamento a fini turistico-sportivi di questa splendida montagna. La struttura fu installata agli inizi degli anni ’80 dalla sezione del C.a.i. di Sulmona: “oscena sia per lo stile della costruzione che e il suo colore (rosso!) che per la sua localizzazione (…) Le opposizioni degli ambientalisti non servirono a nulla: l’opera venne testardemente realizzata e battezzata (dedicandola all’attuale presidente del C.A.I. di Sulmona: Alfonso Pelino!).” (3). Oggi vale ancora quello che scriveva Zunino negli anni ’80: “resta comunque una vergogna che oggi il CAI, in questo caso la sezione di Sulmona, abbia provveduto ad erigere un bivacco sulla cima del Monte Amaro, nel cuore della Maiella, un vistoso bivacco in lamiere che pur essendo posto nella zona più selvaggia dell’Appennino è, per la sua posizione e per la sua struttura, visibile da tutti i luoghi attorno alla grandiosa montagna, con un effetto deprimente sull’animo di chi ama veramente la Maiella”(5) . Il bivacco era anche illegale, perché per realizzarlo si violò una legge regionale che vietava qualsiasi opera antropica oltre i 1600 mlm se non per uso dei pastori. Forse molti non sanno che il C.A.I. avrebbe voluto un rifugio anche nella Valle di Femmina Morta, uno dei luoghi più integri e delicati della Maiella (dove ancora nidifica il rarissimo Piviere Tortolino), da usare come tappa intermedia sulla via per il Monte Amaro! Una certa mentalità “caista” in effetti vorrebbe rifugi dappertutto. Non si capiva (e non si capisce ancora oggi) che la bellezza di un’escursione è data anche dal fatto di svolgersi in luoghi selvaggi e senza vistosi segni antropici (a parte sentieri e antichi ricoveri di pastori); che un rifugio a Femmina Morta avrebbe sminuito per sempre la bellezza di quei luoghi e lo stesso sapore avventuroso dell’escursione. Come scriveva Zunino: “se dovessimo costruire un bivacco in ogni luogo montano dove ‘in caso di maltempo’ potremmo rifugiarci, ne dovremmo costruire a migliaia, in ogni angolo delle nostre montagne! E non risolveremo comunque il problema, perché in caso di nebbia o bufera di neve (com’è frequente a Femmina Morta), si potrebbe anche avere a poche decine di metri il bivacco senza riuscire a trovarlo”(6) . Fu un bel pericolo scampato il rifugio a Femmina Morta! Ma oggi com' è la situazione alla cima del Monte Amaro? Riporto le mie osservazioni fatte in una recente escursione. A parte la vista che si può godere dalla cima, la vetta del Monte Amaro è forse il luogo più brutto della Maiella, per come è stato deturpato: oltre al bivacco Pelino, che si presenta come un enorme igloo di ferro arrugginito (sorge accanto a dei ruderi di quello che probabilmente era il vecchio rifugio) una grossa traversa di ferro segnala la cima (il mucchietto di sassi non bastava?); poco più sotto è stata installata invece un’ enorme croce di ferro, quasi a volere esorcizzare un’infantile paura dei luoghi selvaggi: anche per un credente Dio, se esiste, non ha bisogno certo di una croce di ferro per “vegliare su di noi"! ; e poi una grande targa di ferro che ricorda con frasi del tutto gratuite che bisogna rispettare e amare la montagna (meno male!); altra ferraglia di cui non ho capito la funzione. Un posto bellissimo, la cima, deturpato da quella mentalità di conquista e addomesticamento a fini turistico-sportivi della montagna che purtroppo ha caratterizzato (e caratterizza), mi dispiace dirlo, le politiche di certe sezioni del Club Alpino Italiano. Non parliamo poi delle segnalazioni fatte male e inopportune lungo il sentiero (massi e pietre imbrattate da vernice giallo-rossa e inutilmente, visto che la traccia è ben visibile) o dei "coni di cemento" portati fin quassù chissà quando e mai rimossi (su quell’altipiano sembravano davvero i marziani di.. "Facisti su Marte"!!!). Sarebbe opportuno aprire un dibattito, in quella che è l’associazione escursionistica più importante in Italia, sull’opportunità di considerare maggiormente il valore wilderness delle nostre montagne lasciandole libere dall’impatto di opere come strade, nuovi rifugi, funivie, ipersegnalazione e altra ferraglia. Il bivacco Pelino non era necessario, come non sarebbe stato necessario un nuovo rifugio a Femmina Morta:

1.Esisteva già il rifugio Manzini.

2. Come riparo si poteva utilizzare la bellissima Grotta Canosa “uno dei bivacchi pastorali più vecchi ed ampi dell’intera Maiella, che potrebbe essere ripristinato con tecniche antiche ed adattato a scopi turistici” (7);

3.Oggi esistono sacchi a pelo che consentono di dormire a temperature molto basse (fino a - 16) e tende ultratecnologiche. Io stesso ho dormito comodamente in tenda anche d’inverno sotto una tormenta di neve e non ho avuto bisogno di bivacchi e di ripari. La montagna richiede esperienza, attrezzatura e addestramento, non la possiamo addomesticare pensando che TUTTI vi possano accedere facilmente e in qualsiasi situazione;

4. Lo spirito dell’escursionismo wilderness è “non lasciare traccia”, come dicono gli americani, il che significa rispettare l’ambiente selvaggio della montagna lasciandolo libero da opere antropiche. In alta quota si possono solo montare e smontare tende… non certo edificare rifugi in cemento o bivacchi in lamiera come il rifugio Pelino!


Note:

(1) Zunino F., Doc. Wilderness, gennaio 1983


(2) Zunino F., Doc. Wilderness, aprile 1981

(3) Zunino F. Doc. Wilderness, aprile-giugno 1988

(4) Zunino F. Doc. Wilderness, agosto 1981

(5) Ibid.

(6) Zunino F. Doc. Wilderness, aprile-giugno 1988

(7) Ibid.

Commenti

  1. le nostre nn sono montagne "selvagge".al di la del mito(romantico)della montagna selvaggia,che va bene per altre nazioni ma nn per la nostra,perché nn tentare di coniugare armonicamente sviluppo e tutela? la montagna è di tutti anche di quelli che nn vogliono andare in tenda..........nn mettiamo altre ferraglie,ma nn tagliamo quelle che già ci sono........e nn spendiamo miliardi "del contribuente" costruendo strutture che nn reggono al primo inverno!!!!!!!(majelletta docet!!!!!!).mi sembra una grande bufala chiudere una strada che da fastidio alla montagna selvaggia,quando nn si pensa minimamente ad educare le persone alle cose più semplici..........come nn consumare i sentieri per poter declamare la propria potenza montanara...........a proposito c'è una foto che roprende un tramonto nell'alta valle di taranta,nella quale alcuni dettagli mi hanno insospettito:dietro lo stincone appare un mammone di montagna,che ad occhio e croce,sembra alto sui 6000 metri.siamo in maiella o sull'himalaya?.nn ricordo lo sticone centrato sulla valle a mo' di babà........insomma è poco reale e molto ritoccata. grazie.Paolo da Napoli.

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  2. Caro paolo, non ho capito a quale foto ti riferisci, ma ti posso assicurare, se parli delle mie foto, che io mi limito a ritoccare solo l'esposizione delle mie foto.Non capisco che motivo avrei ad alzare la Maiella a uota 6000! Poi, pensala come vuoi.
    La Maiella certo è sempre stata percorsa dall'uomo, ma non si può dire che molte sue aree non siano selvagge. Hai citato l'Himalaya, ma anche l'Himalaya è stato abitato sempre dagli uomini, da pastori e religiosi (cambia ovviamente il grado di antropizzazione). Poi è stato preso d'assalto dagli alpinisti: a questo punto nemmeno l'Everest sarebbe selvaggio.
    La mia concezione di wilderness si riferisce all'integrità dell'ambiente naturale, non segnato e deturpato da opere di forte impatto visivo. Per me in montagna non può esserci assolutamente cemento, ferro e asfalto, almeno nelle alte uote! Ecco, ti posso assicurare che ero in estasi durante la mia escursione al Monte Amaro, ma sono rimasto disgustato da come è stata conciata la cima.. Un vero oltraggio a questa magnifica montagna. E anch'io sono un turista, ho campeggiato e mangiato in un ristorante di Campo di giove. Quindi anch'io ho portato un po' di soldi, pur non amando i rifugi d'alta quota. Se proprio si volevano avvantaggiare i turisti si poteva rendere fruibile Grotta canosa. E comunque oggi ci sono sacchi a pelo caldissimi e tende buonissime che permettono di campeggiare anche d'inverno in alta quota. Non possiamo permetterci di deturpare le nostre montagne per colpa dei turisti comodoni. Se non hanno voglia di camminare scegliessero mete più consone alla loro portata. Se vogliono la vita comoda, frequentino gli agriturismi e i campeggi delle valli!
    Ciao...
    Indio

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  3. Il Manzini????
    Su Monte Amaro ci vado ogni anno, essendo di un paese vicino e posso dire che l'unico rifugio che incontro partendo da Fondo Maiella è appunto il Bivacco Pelino sulla vetta dopo un percorso di 4-5 ore. Forse chi scrive l'articolo non si rende conto che li sopra il tempo può cambiare rapidamente anche il 15 Luglio: parti che è tutto sereno alle 7 di mattina, e quando inizi la discesa cominciano a comparire le nuvole e nel primo pomeriggio il vento diventa fortissimo a Femmina Morta. La mattina è sempre debole. Quei ruderi vicini al bivacco Pelino sono i resti di un rifugio spazzato via in una notte durante una tormenta di neve alcuni decenni fa. Questo rifugio esisteva dall'inizio del '900 e sostituiva un'altro rifugio presente nell'ottocento.
    La forma e il colore del bivacco sono stati scelti con razionalità: la forma è antivento e il colore per garantire un'ottima visibilità in caso di neve. Chi ha scritto l'articolo probabilmente non si rende conto che lassù non c'è sacco a pelo che tenga durante una tormenta di neve e si rischia di morire assiderati (sempre che ci si sia ancorati al suolo, altrimenti ci si potrebbe ritrovare a Passo S.Leonardo con il vento che tira). Montare e smontare tende si può sul Morrone, a Passo San Leonardo e sulla Serra Carpineto a Campo di Giove, ma non sulla Maiella. Mi è stato raccontato che anni fa una persona fu trovata morta nella Valle di Femmina Morta, perché avventuratosi sulla Maiella nel tardo Autunno, incappò nel maltempo, perse il sentiero e non lo ritrovo più. Poi nevicò pure e fu seppellito dalla neve. Venne ritrovato in Primavera con il disgelo.
    Vorrei ricordarvi, ma forse non ve ne rendete conto perché non abitate qui, che condizioni di maltempo sulla Maiella sono improvvise e possono perdurare anche una settimana e non sto parlando di periodi freddi o di periodi primaverili o autunnali, ma di periodi estivi.
    Su Monte Amaro ci salgo tutti gli anni da quando avevo 11 anni e posso dire di conoscerla bene soprattutto quando le prime volte ti accompagna una persona del luogo con esperienza e tutte le volte che ci andavamo non restavamo più di 15-20 minuti sulla vetta per evitare il rischio di un improvviso peggioramento, peggioramento che osservavamo con la formazione di addensamenti nuvolosi e aumento della velocità del vento.
    Per favore prima di iniziare critiche chiedete almeno ai residenti dei paesi sottostanti che, fino a prova contraria, conoscono la Maiella e le insidie che essa nasconde meglio di un visitatore extra-regione se sono favorevoli o meno ad un rifugio, dotato anche di brandine.
    Grotta Canosa: Sfido chiunque a restare lì dentro per una settimana con il maltempo e raffiche di vento, già forti in ordinaria amministrazione, figuriamoci in situazioni spaventose.

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  4. Volevo dire che la Maiella non è per turisti comodoni e non se ne vedono mai. Infatti il percorso più breve è di 4-5 ore e non aspettatevi che il bivacco Pelino sia un rifugio con ristorantino e camere da letto. è un bivacco e non c'è nulla solo alcune brandine visto che anche d'estate di notte con il vento che tira in alcune notti si può anche rischiare l'ipotermia o di essere sballottati chissà dove con raffiche che possono raggiungere anche i 100-120 km/h.
    Se proprio volete fare escursioni in tenda ci sono altri posti: Morrone, Passo San Leonardo, Fonte Romana, Fondo Maiella, ma non Monte Amaro. Per favore non sottovalutate la Maiella. Persino noi che abitiamo da secoli in queste zone rispettiamo la Maiella, abbiamo imparato a conoscere i pericoli e sentiamo la necessità dei bivacchi per garantire l'incolumità dei turisti. Non ci dispiace il rifugio perché sappiamo che è necessario: del resto se già dall'ottocento era stato costruito un rifugio un motivo ci sarà.

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  5. Ok, rispetto il vostro punto di vista, ma non si può addomesticare una montagna solo per la sicurezza dei turisti. Io ho dormito al bivacco pelino, questa estate, era affollatissmo, con ragazzi ventenni che schiamazzavano dopo aver mangiato e bevuto (vino). Non avevo il sacco a pelo e la porta era scassata: non sono certo morto di freddo. Ho proprio rimpianto la tenda. La montagna per sua natura è rischiosa e bisogna accettare questo fatto, cercando di essere sempre prudenti e evitando le situazioni di maltempo. E' una questione di rispetto per quella montagna. La cima è stata deturpata: è inconcepibile un rifugio sulla cima di una montagna (per non parlare della croce e della targa di ferro... e delle segnalazioni del c.ai con vernice imbrattata sulle pietre e coi di cemento)! Anch'io sono un turista e due volte son stato lassù e la cima è l'unico posto che non ho apprezzato (a parte la veduta stupenda che si gode da lì). Grotta Canosa la proporrei come alternativa al Pelino, magari si potrebbe attrezzare con muretti a secco, per renderla più sicura.

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  6. Ricordate che anche un certo Stefano Ardito e nn un signor nessuno come me lo definì "opera orrenda"....

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  7. Anche io rispetto il vostro punto di vista. Del resto abbiamo molte idee in comune: pure io sono contrario all'antropizzazione dei luoghi di montagna, e a far spuntare rifugi come funghi; solo che mi sta a cuore prima di tutto la sicurezza dei visitatori. Su molti punti di vista hai ragione soprattutto quella scritta di decenni fa del CAI.
    Comunque la porta è stata sostituita. L'ipotesi più accreditata è che qualcuno l'abbia lasciata aperta e con il vento forte sia stata addirittura scardinata e scaraventata chissà dove. Non è stata più ritrovata. Probabilmente quando sei venuto a visitare i nostri luoghi sei stato molto fortunato a non trovare condizioni proibitive. La prima volta che andai lì sopra (metà Luglio) il tempo era splendido e stranamente non tirava neanche un filo di vento e rimase così per tutta la tiepida giornata. L'anno successivo, sempre metà Luglio, mi capitò tempo bello alla partenza, vento sempre più forte verso Monte Amaro e gelido al punto che dovetti indossare i guanti. Secondo il giudizio di persone con più esperienza di me la temperatura percepita era di pochi gradi sopra lo zero.

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