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Parchi nazionali: si taglino pure i fondi



Non c’è associazione ambientalista che non abbia preso posizione contro il governo per i ventilati tagli del 50% al finanziamento dei Parchi Nazionali.
L’AIW sta sul fronte opposto. Si taglino pure i fondi ai Parchi se veramente serve a far migliorare la situazione generale del nostro Paese: se sacrifici devono essere, allora tutti devono fare la loro parte, e non c’è ragione per cui dover escludere i Parchi Nazionali. Anche perché tagliare i fondi non vorrà dire abrogare i Parchi Nazionali, ma semplicemente mettere in condizioni i loro amministratori di gestire meglio le risorse finanziarie di cui dispongono e disporranno. Ci si batta per un taglio meno consistente, non per mantenere un privilegio su altre categorie magari ben più bisognose. Ciò soprattutto a fronte degli sperperi che la gestione dei Parchi Nazionali ha dimostrato, da nord a sud, nel passato ed anche oggi. Sperperi in quanto raramente si è trattato e si tratta di spese a favore della Natura, come troppo facilmente viene fatto credere all’opinione pubblica.
Non è la Natura ad essere messa a rischio col taglio di questi fondi. Non  è che a causa di questi tagli, gli alberi smetteranno di crescere, i fiori di fiorire ogni primavera e gli animali a riprodursi. In natura tutto proseguirà come prima, e addirittura la Natura verrà a godere di benefici indiretti. Si deve infatti sapere che la stragrande maggioranza dei fondi pubblici dati ai Parchi non vanno, come credono in tanti, a beneficio della Natura, ma a sostegno di faraonici apparati amministrativi (che potrebbero svolgere i loro compiti anche con staff tagliati, questi sì, al 50%), quando non a sostegno di iniziative spesso molto discutibili e, alla prova dei fatti, più a danno della Natura che non a suo favore (comprese certe ricerche e tante, troppe, iniziative di immagine o per fini turistici, che ben poco hanno a che fare con la finalità prima di un Parco Nazionale che è di preservare la Natura).
Può sembrare assurdo, ma in Italia meno soldi arrivano ai Parchi, più la loro Natura godrà di protezione e rispetto! E, caso mai, se soldi dovranno essere dati ai Parchi da parte dello Stato, se ne vincoli una gran parte a forme di indennizzo a sostegno della fauna od acquisto di boschi, montagne, paludi e coste, che è il modo più sicuro e certo di proteggere la fauna ed i loro ambienti naturali (anche in questo campo, l’America insegna!). Non è potenziando iniziative turistiche che si proteggono i Parchi, o sovvenzionando apparati di gestione che meglio sarebbe abolire e ricondurre tutti ad un unico e meno dispendioso Servizio nazionale (cosa che consentirebbe anche una drastica riduzione del personale, in alcuni Parchi veramente in numero spropositato).
Ebbe a dire il nostro Presidente Germano Tomei: “quando sento di stanziamenti a favore dei Parchi, mi metto le mani nei capelli all’idea di quanti danni saranno arrecati alla Natura!”

                                                                                                IL SEGRETARIO GENERALE
                                                                                                         F.to Franco Zunino
Murialdo, 7 Luglio 2010

Commenti

  1. In effetti io concordo pienamente con lei. I fondi che finora sono stati stanziati, sono serviti solo a finanziare ridicole iniziative turistico-propagandistiche ed a mantenere le solite poltrone mangiasoldi. La natura si tutela conservando l'ambiente, e si può fare senza ulteriori investimenti.

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  2. Parlare di riappropriazione del territorio da parte delle comunità locali ed invocare una gestione centralizzata dei Parchi nazionali è una contraddizione in termini, così come lo è evocare i parchi nazioanali americani e chiedere la chiusura degli enti di gestione dei parchi italiani. I parchi italiani chiedono da anni un'agenzia nazionale ma, una volta istituiti, sono stati lasciati al loro misero destino e sottoposti, negli ultimi anni, ad un continuo ed inesorabile taglio dei fondi.
    Negli enti di gestione dei Parchi e, soprattutto, nelle tante realtà economiche che ruotano attorno ad essi trovano lavoro molte persone che altrimenti avrebbero abbandonato territori senza un futuro economico.
    La maggior parte dei bilanci di tutti parchi nazionali italiani è destinata agli indennizzi e al sostegno della fauna. Se poi si vuole anche rilanciare l'economia locale sono indispensabili anche azioni in favore del turismo. Ma questi, ad oggi, costituiscono una parte minima dei bilanci dei parchi contrariamente a quanto sostenuto in questo articolo.
    Parlare, in Italia e soprattutto nel Meridione, di "alberi che non smetteranno di crescere e di fiorni che non smetteranno di fiorire" è pura utopia: i territori protetti italiani fanno gola a molti imprenditori senza scrupoli che hanno già tempestato il nostro bel paese di danni incalcolabili cementificando coste e montagne.
    I parchi nazionali italiani hanno messo un freno alla speculazione edilizia e al consumo di territorio, regolamentano i prelievi idrici e la caccia selvaggia, hanno, ovunque, rivitalizzato il turismo naturalistico che in italia è l'unico settore turistico ad avere un segno positivo nel bilancio degli ultimi due anni, hanno impedito, laddove sono arrivati, l'immissione illegale di specie faunistiche alloctone che ha arrecato danni incalcolabili agli equilibri ecologici delle aree naturalisticamente più pregiate del nostro paese, svolgono un'opera fondamentale di vigilanza antincendio e antibracconaggio.
    I Parchi nazionali costano un decimo del buco annuale della Tirrena, un caffè all'anno per ogni italiano. Il voler dimmezzare loro i fondi è una manovra politica sostenuta dalle lobbies dei cacciatori e del cemento che non devono essere appoggiate da un'associazione ambientalista.

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