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Una montagna violentata - di Mimmo Pace


Mimmo Pace tra i loricati di Serra delle Ciavole - foto by Indio


*fonte: http://www.caicastrovillari.it/images/incendio.pdf

POLLINO … una Montagna violentata

Addio Patriarchi dalle grandi, verdi braccia protese sulle valli e sulle dirupanti falesie del Dolcedorme … addio loricati della Celsa Bianca, foggiati dalla furia dei venti e ghermiti dalla morsa del gelo … addio monumenti arborei calcinati dal sole e testimoni di mille tenzoni … Addio! 

Una mano barbara e vile vi ha annientati e sottomessi al suo cinico, spietato, criminale disegno!
Se potessi attribuire fattezze umane a questa montagna, esclamerei: << Ecce Homo! >>, additandola ai suoi carnefici, nel vano tentativo di indurre nei loro cuori di pietra quella pietà che giammai potrà albergare nella loro natura malvagia e bestiale.
Questo scritto è soprattutto uno sfogo dell’anima, ma anche un monito per i criminali incendiari ed un incitamento per i cittadini di buona volontà, animati da saldi principi, a non demordere.
Da sei giorni ormai, le fiamme di un incendio spaventoso divorano la nostra montagna. Da giorni, continuo, impotente, a seguire, con ansia e trepidazione l’inarrestabile espandersi dei diversi fronti di fuoco, che, divorando macchia e bosco, ottenebrano cielo e quinte montuose di tetre, impenetrabili, soffocanti cortine di fumo e vapori.
Di tanto in tanto, il rombo di un canadair rinnovella la mia angoscia e approfondisce la ferita che piaga il mio cuore di appassionato amante della natura. Le ferite inferte da questo incendio sono, stavolta, incommensurabili e non si intravede ancora, purtroppo, la fine di questo terribile evento.
Probabilmente il fuoco si fermerà solo quando sarà tutto irrimediabilmente combusto e incenerito!
Quali sono i “perché” di un disastro così grave? … E’ trascorso quasi un giorno prima che ci si decidesse a intervenire; si è sottovalutata la pericolosità dei fronti incendiari quando divoravano l’erta pedemontana, i quali, favoriti dal vento, hanno così avuto il tempo di espandersi in maniera irrefrenabile; gli interventi sono stati, inizialmente, solo saltuari e, tenendo in poco conto l’emergenza, iniziati comodamente solo nel tardo mattino; molti degli interventi, debitamente monitorati, sono stati malaccortamente indirizzati verso focolai insignificanti, mentre spaventosi fronti acquistavano sempre maggior vigore distruttivo.
Colpe queste, da attribuirsi a inefficienze organizzative, a mancanza di destrezza e professionalità o anche ai tagli della “spending review” … francamente non sappiamo.
C’è stato modo di constatare, oltretutto, che i mezzi sono stati distratti, nel tentativo di spegnere altri incendi appiccati altrove: infausta decisione, questa, che ha favorito il disastro distruttivo proprio dei siti di maggior pregio naturalistico. Questa la verità; altro che le notizie imprecise, vaghe e/o volutamente distorte, diramate da vari organi di stampa.
Eppure, esistono prevenzione e rimedi … occorrerebbe solo la volontà politica di adottarli. Sarebbe auspicabile, in primis, che chi assume decisioni, visitasse accuratamente di persona i siti incendiati, analizzando i particolari, le caratteristiche dei fronti incendiari e localizzando i vari punti di innesco.
Toccherebbe con mano e si convincerebbe come anche un semplice sentiero, ben pulito, possa arginare o almeno ritardare il propagarsi di un incendio. Per non farsi scoprire, gli incendiari, si guardano bene dall’appiccare fuoco in quota, ma prediligono le zone basse, che consentono loro di dileguarsi rapidamente!
Per l’intera fascia pedemontana della bastionata del Pollino, in particolare, abbrutita, ma protetta dalla linea autostradale, sarebbe quindi sufficiente sbarrare preventivamente la via al fuoco sotto i viadotti, unici punti di possibile infiltrazione … oppure creare, durante il periodo estivo, una vera e propria “linea di monitoraggio” di incaricati a turnover, investiti di precisi compiti e responsabilità. Sono sicuro che tali misure sarebbero sufficienti a dissuadere i criminali incendiari, cui è peculiare la più grande vigliaccheria! 
Si continua, inoltre, pervicacemente a ignorare una cruda realtà: a incendiare il Pollino, a parte qualche criminale ritorsione, non sono i piromani, bensì, purtroppo, solo coloro che possono trarre vantaggio da simili disastri.
Sono amareggiato, indignato ed anche nauseato e vado chiedendomi a cosa sia valsa l’istituzione del Parco Nazionale del Pollino, se non al progressivo e sistematico annientamento dell’essenza stessa del Pollino.
Ho 74 anni sulle spalle e sin dalla mia adolescenza, quando, con qualche altro ragazzo audace come me ne risalivo i fianchi e le irte giogaie, ho avuto ventura e volontà di penetrare a fondo il volto del Pollino. 
Posso perciò testimoniare che gli incendi sono iniziati a verificarsi solo dopo l’istituzione del Parco e non prima … cioè solo col subentrare di interessi e appetiti d’ogni genere … solo quando l’elargizione delle “provvidenze” a clientele e corporazioni è stata, per un motivo o l’altro, disattesa o falcidiata.
Ai tempi della mia fanciullezza, le coturnici si levavano a frotte da faggi e lecci; l’aquila si librava alta nel nostro cielo; il lupo, nei rigidi inverni, si spingeva fino agli ovili; le lepri guizzavano via dai loro nascondigli; ricche mandrie e armenti transumavano per gli alpeggi; boscaioli e carbonai, con opera assidua e tenace, conservavano ancora e preservavano il bosco.
Oggi, nulla di tutto ciò più esiste! Sopravvive solo qualche recesso, pur sempre fascinoso e stregato, ma … muto ormai e senza vita, se non quella vegetale, minacciata da roghi sempre più frequenti e distruttivi.
L’era del cosiddetto progresso, del consumismo, dell’affarismo e del protagonismo ad ogni livello, ha fatto si che il Pollino finisse per ospitare di tutto e di più, tranne quel che sarebbe stato necessario alla salvaguardia delle sue risorse, indispensabile alla loro corretta fruizione, giovevole ad indurre uno sviluppo sostenibile. Alle sue falde, sventramenti ciclopici e attigue cementerie, sconquassi autostradali pregressi e futuri, devastanti cementificazioni d’ogni genere, putide discariche a cielo aperto, malsane aree di stoccaggio di pneumatici logori. Innumerevoli mostruosi tralicci dell’alta tensione con orribili ragnatele di cavi tra le sue valli più verdi; superbe sorgenti barbaramente captate; singolari monumenti di pietra obbrobriosamente imprigionati nel ferro; panoramiche vette invase da antenne iperboliche e giganteschi ripetitori, sfregi di cave, gasdotti e quant’altro!
Oddio, come è possibile che il nostro Pollino, in un cinquantennio appena, sia stato ridotto in tale miserevole stato! Sembra del tutto inverosimile, eppure è questa la triste realtà conclamata e insanabile.
Abbiamo un Ente Parco, che tra i suoi compiti istituzionali annovera la tutela di questo Territorio; questo Parco, così smisurato, a cavallo tra Calabria e Basilicata, voluto ad ogni costo e pervicacemente! 
Non, sicuramente, dalla popolazione, la quale non era pronta ad accoglierlo, ma totalmente impreparata e non educata a comportamenti coerenti a quelli di “Cittadini di un Parco”.
Il Parco è stato, perciò, interpretato dalla maggior parte dei suoi abitanti, unicamente come un cumulo di restrizioni e vessazioni … viste, peraltro, le prospettive nebulose e poco incoraggianti offerte dalle varie gestioni che si sono succedute … ecco il vero nocciolo della questione!
Pur tuttavia il Parco è stato istituito ed esiste, almeno sulla carta, da una pletora di anni e, sin dalla sua istituzione, vuoi per incompetenza, vuoi per incapacità, vuoi per clientelismo, vuoi per lotte e controversie intestine, vuoi per accavallamenti di competenze di diversi altri Organi Istituzionali e conseguenti ingerenze, non ha mai svolto e neanche tentato di svolgere il ruolo che, a termini di Legge, dovrebbe interpretare, nell’ambito delle competenze conferite. 
Ci potrà mai essere una inversione di tendenza?... Spes ultima Dea!!
Ciò ho sentito di esprimere alla Comunità cui appartengo e a chiunque avrà ventura e voglia di leggere queste mie riflessioni; e non tanto nelle vesti di Socio del CAI di Castrovillari, cui mi onoro di appartenere, quanto di comune cittadino, che ama la sua Terra, adora la sua Montagna e tenta, per come può, di salvaguardarne le residue bellezze ed emergenze.
Frattanto, la Catena del Pollino continua inesorabilmente a bruciare, mentre del tutto impotente, qualche canadair, sperduto tra le dense cortine di fumo, tenta invano di spegnere l’immenso rogo. E’ troppo tardi ormai … solo l’acqua del cielo potrebbe fare il miracolo. Offuscata dai vapori della combustione e col suo livido pennacchio di fumo, la Serra Dolcedorme, un tempo nitida cattedrale grigio azzurra e rosa viola, sembra essersi ora trasformata in un novello Mongibello.


Mimmo Pace


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