Incendi nel Pollino, lodevoli esperienze di un professionista dell'ecologia, l'Italsider di Taranto, ecosofia, ecoantropologia, Prada e tanto altro ancora - di Annibale Formica (Direttore Parco del Pollino)
fonte: dal QUOTIDIANO DELLA BASILICATA 31 LUGLIO 2012
Un’ecosofia per il Pollino
Gli incendi stanno devastando una delle zone più belle del Sud Italia
di ANNIBALE FORMICA
A CONCA DEL RE, nel Comune di Morano Calabro, alle 12.30 di martedì 17 luglio è partito un incendio; alcune ore dopo, favorite dal vento, le fiamme, scavalcata l'autostrada SA-RC, sono rapidamente salite fin sopra i 2200 metri, sul Pollinello e sulla Serra Dolcedorme, bruciando diversi alberi di pino loricato. Oli ingenti danni, provocati chiaramente non da piromani, ma da coloro che non cessano di colpire l'area protetta, l'istituzione Parco e la sua gestione, si sono resi inequivocabilmente leggibili nell'incendio di parole immediatamente sviluppatosi per attribuire responsabilità prima ancora di accertare le cause, È la drammatica equazione e la conseguente scorciatoia verso "la via dell'inferno" che molti si affrettano ad imboccare ogni volta che un'emergenza mette in ginocchio gli sforzi di tutelare il territorio, che sono sforzi non di tutela ma di gestione della tutela. Ogni volta si ripete lo sconfortante rituale, che si consuma ai danni del Pollino come ai danni del bambino nell'acqua sporca, usato dalla raffinata strumentalizzatone di chi prende l'ecologismo dal lato sbagliato per sollevare un problema al Parco. Molto tenera e commovente, invece, la e-mail inviata all'Ente Parco da Tommaso Orsimarsi di Cosenza, il quale propone «a tutti i calabresi di visitare in questa estate l'area del Pollino almeno una volta». « Una visita-dice- per testimoniare la vicinanza a quanti sono provati da questi eventi». Aggiunge: «dimostriamo che di fronte a questi scempi noi non arretriamo, anzi siamo disposti a testimoniare il nostro amore per il territorio». Appassionato della natura, del Pollino e del Parco, io ho incominciato nel 1979 ad occuparmi professionalmente di ecologia, elaborando il Progetto Pollino con il Gruppo Interdisciplinare di Studi incaricato dalla Regione Basilicata di lavorare alla creazione di un parco naturale. Un aiuto fondamentale e decisivo alla mia conoscenza e alla mia coscienza ecologica è stato dato dal lavorare in quel Gruppo e conoscere in quell'anno, presso l'Università La Sapienza di Roma, il prof Valerio Giacomini, che dal 1975 ricopriva la prima cattedra italiana di ecologia. Lo spirito d'indagine naturalistica in una mente profondamente umanistica mi ha insegnato a leggere il territorio e la natura alla scala dei valori umani, sociali, culturali. La mia appartenenza al luogo e alla comunità locale mi ha indotto ad osservare con l'occhio della prospettiva, l’ecoantropologia che spinge l’attuale ricerca antropologica ad andare al di là dell’umano, perché inatura e cultura sono una sola cosa e società e ambiente una sola casa. La natura «non è una nostra proprietà, né una nostra proiezione, né tanto meno una semplice risorsa a disposizione del nostro sviluppo». Non è più pensabile, infatti, come sostiene Philippe Descola, succeduto a Lévi-Strauss sulla cattedra di antropologia del Collège de France, trattare il mondo come diviso in due parti: «da una parte l'universo delle convenzioni e delle regole , ovvero la cultura, dall'altra il mondo dei fenomeni e delle leggi di natura». Alla fine degli anni '60, nell'allora Italsider di Taranto, prima di laurearmi in ingegneria, ho fatto uno stage per un intero agosto, con una calura come quella di questi giorni, per sapere in concreto di organizzazione industriale, di altoforni e di laminatoi. Taranto era stata per me e per tutti quelli della mia età la città del mare, del ponte girevole, del sogno di modernità e di progresso; era stata la mia prima città visitata partendo dal mio piccolo mondo rurale di montagna di San Paolo Albanese. In queste ore seguo con molta apprensione e con profondo rispetto il dramma evidenziatosi all'Uva con il sequestro di sei reparti dell'impianto siderurgico, a causa dell'inquinamento e delle morti sospette, delle malattie gravi e dei gravi danni alla salute. Gli operai dello stabilimento siderurgico, in rivolta in difesa del loro posto di lavoro, pongono tragicamente sulla loro pelle e su quella delle loro famiglie l'interrogativo dell'esistenza di un futuro di sola aria pulita. E un drammatico interrogativo, cui deve dare risposta una nuova dimensione dell’economia e dell'ecologia capace di prospettive di benessere per la salute e per l'occupazione. Nel giugno del 2010 un pozzo petrolifero ha versato greggio nell'Atlantico, provocando un disastro ecologico di dimensioni impressionanti, un danno irreparabile all'ecosistema, Era la marea nera nell'Atlantico, come titolava un articolo di Joaquin Navarro Valls. Era detto in quell’articolo che il problema ecologico non può essere vissuto in modo emozionale, ma va compreso nelle sue cause e nei suoi effetti; va inoltre tenuto distinto dalla politica ambientale che ha bisogno di «avere a monte la forza di imporre e garantire dei criteri ambientali validi per tutti, non a valle, quando ormai il disastro si è consumato». Scriveva Joaquìn Navarro Valle: '(Oggi, purtroppo, è giunto il momento in cui i pericoli ecologici e umanitari impongono la condivisione di criteri antropologici ed etici in grado di garantire la sopravvivenza umana degli ecosistemi del pianeta». Sono, intanto, di questi tempi, di gravissima crisi economica e finanziaria, oltre che ambientale, anche decisioni come quella di Prada di traslocare a Parigi made in Italy non basta più» dice Miuccia Prada, la signora del lusso. Resta, quindi, sempre più certa che la vera prospettiva di risanamento e di riscatto economico passi, in Italia, attraverso la conservazione, la tutela e la valorizzazione della qualità della natura e della cultura. Della biodiversità che è la grande ricchezza del Pollino, e delle connessioni che crea con tutte le risorse materiali e immateriali del territorio. Questa ricchezza non può traslocare. È il valore della territorialità, del bisogno delle comunità locali di identificarsi, di riconoscersi, di sentire la propria appartenenza ai paesaggi, al luogo, alla terra, in cui si svolge la loro storia, in cui affondano le loro radici, in cui l'eredità culturale, la memoria possono produrre valorizzazione. Nella, sua "Ecosofia" (Cfr., Ecosofia, di Arne Naess, Red Edizioni, Como, 1994) il filosofo dell’ecologia profonda, Arne Naess, ricorre al termine ecosofia, alla saggezza ecologica, cioè, per proporre le sue indagini e le sue riflessioni filosofiche sui rapporti e sulle relazioni tra Uomo e Natura, tra la comunità. Il luogo e il mondo naturale. E spinge l’orizzonte delle sue concezioni alla consapevolezza che la “crisi la crisi ecologica sia essenzialmente espressione di una crisi culturale», fino a sostenere «un profondo cambio di paradigma, che consenta di considerare il rapporto uomo-natura con riferimenti di senso ben diversi da quelli prodotti da una logica del dominio e dall'arroganza antropocentrica» .Dall’antropocentrismo all'antiantropocentrismo, i termini del dibattito diventano sempre più stringenti, sempre più roventi, ma gli abitanti del Pollino non possono più consentire che i pini loricati, rarissime specie, quello bruciato, nel 1993, alla Grande Porta del Pollino, il simbolo del Parco Nazionale del Pollino, poi quello bruciato, nel 2007, a Pietra Castello, e quello bruciato, oggi, sulla Serra Dolcedorme, continuino a bruciare.
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