Un sociologo nel
Pollino lucano degli anni ’50. Rileggere Banfield oggi
Le basi morali di una
società arretrata è il libro del sociologo Edward C. Banfield ripubblicato
da Il Mulino nel 2010. A parte le polemiche (non sempre fondate come si vedrà)
che ha suscitato, va sicuramente riletto
per fare il punto sui problemi della società meridionale, sui
cambiamenti avvenuti in cinquant’anni e sulla persistenza, dura a morire, di
certe dinamiche sociali. E’ forse una delle poche ricerche sociologiche in
senso stretto che siano state condotte nel Pollino (precisamente nel paese di
Chiaromonte), opera ancora più rilevante se si pensa che il punto di vista è
quello dell’osservatore esterno, un intellettuale americano degli anni ’50. In
un paese che ha sempre sottovalutato la sociologia e la ricerca sociale, opere
come questa sono preziose, a maggior ragione per la coscienza storico-sociale
del Meridione.
Il concetto di “familismo
amorale” rimanda alla tesi secondo cui nel paese di Montegrano (nome di
fantasia con cui l’autore parlava di Chiaromonte), l’unico interesse del
singolo fosse rivolto verso gli interessi della propria famiglia piuttosto che
al bene comune. Il termine, rimasto nella storia dopo la pubblicazione di
questo libro, ha assunto quasi l’accezione di
un giudizio di valore sulla mentalità meridionale, dalla quale Banfield
avrebbe dedotto la causa dell’arretratezza socioeconomica. Le cose sono in
realtà un po’ più complesse: Banfield non si riferiva certo al giudizio, ma ad
una condizione sociale che aveva origine in più fattori. L’intento di Banfield in
realtà era quello di superare la spiegazione dell’arretratezza a partire
unicamente da cause strutturali (in parole povere dalle condizioni sociali ed
economiche di un’area), non di negare queste stesse cause. E’ da qui che
dobbiamo partire per una comprensione corretta e complessiva dell’opera di
Banfield. E’ lo stesso autore a sottolineare questo aspetto in più riprese: “il
meccanismo che genera il familismo amorale è senza dubbio complesso, e consta
di molti elementi che influiscono e si rafforzano a vicenda. La spaventosa
miseria della zona e la degradazione di coloro che fanno lavoro manuale
(…)hanno certo una grande importanza a questo proposito e costituiscono, per
così dire, gli elementi strutturali nel sistema di cause. Ma se ora volgiamo la
nostra attenzione verso altri elementi di tale sistema, ciò non vuol dire che
sottovalutiamo l’importanza di questi primi due” (p. 151). “Il fatto che i
montegranesi siano prigionieri del loro ethos
centrato sulla famiglia – e che a causa di ciò non possano agire di concerto o
per il bene comune – costituisce un ostacolo fondamentale al loro progresso
economico, e al progresso in generale. Non mancano naturalmente altri ostacoli
di enorme importanza, quali specialmente la povertà, l’ignoranza, e una
struttura sociale che taglia fuori il contadino dalla società più vasta che lo
circonda. Ora sarebbe assurdo ravvisare in uno solo degli elementi la
causa dell’arretratezza del paese: tutti questi elementi invece - e senza
dubbio anche molti altri – sono fra loro
interdipendenti, e ciascuno è insieme causa ed effetto di tutti gli altri. Il
punto di vista qui assunto è che a scopo di analisi e di intervento la base
morale di una società può venire utilmente considerata come fattore strategico
o condizionante” (p. 165). Lo stesso Banfield aveva coscienza dei
condizionamenti strutturali della famiglia nucleare di Montegrano, una famiglia
legata alla precarietà della piccola proprietà privata e che non consente nemmeno forme
solidaristiche tipiche di paesi in cui vige il latifondo e sono presenti le
associazioni e mobilitazioni bracciantili (Banfield parla di Basso, che
dovrebbe corrispondere molto probabilmente al paese di Senise). Banfield mostra
efficacemente la necessaria flessibilità di una lettura di classe della
società. Nel paese di Montegrano i rapporti di classe sono duttili e non si
prestano a facili dicotomie: “nonostante tutto i rapporti di classe a
Montegrano sono migliori della media italiana. Una ragione si può trovare nel
fatto che nel corso delle ultime generazioni la terra non è rimasta monopolio
delle classi abbienti. Il barone
possiede parecchi campi, ma tutti dati a mezzadria. Nessuno degli altri ‘proprietari terrieri’
possiede più di pochi acri di terra coltivata – in nessun caso più di quanto ne
posseggono i contadini più agiati (…) a Montegrano non esistono organizzazioni sindacali perché non ci sono
grossi datori di lavoro, ma a parte questo, è l’atmosfera che è diversa. I
signori parlano con i contadini quando li incontrano e magari giocano con loro
a carte nell’osteria” (p. 98).
Ciò che sorprende di questo libro e che sembra avvalorare
per certi versi la tesi della persistenza di un ethos morale condizionante è la descrizione di atteggiamenti
sociali che si ritrovano per certi versi anche oggi, nonostante il quadro di
profondo mutamento che ha attraversato anche i paesi ricadenti nella tipologia
di Montegrano. Memorabile la descrizione
degli atteggiamenti dei politici, del clientelismo cronico, dell’assenza di
legalità, rientranti nel capitolo in cui Banfield elabora la sua “ipotesi
predittiva” (“l’ipotesi è che i montegranesi agiscano come se seguissero questa
regola generale: ‘massimizzare i vantaggi materiali e immediati della famiglia
nucleare; supporre che tutti gli altri si comportino allo stesso modo’, p.101).
“ L’improvviso
passaggio del segretario della sezione monarchica di Montegrano al Pci si
verificò perché la sede del partito, da Napoli, non gli versava regolarmente lo
stipendio. Quando egli divenne comunista, i monarchici vennero d un accordo: ed
egli tornò alla posizione precedente come se nulla fosse avvenuto”(p. 118)
“La
democrazia cristiana ha dato a Prato [un contadino] ogni anno poche giornate di
lavoro, e perciò egli vota DC. Ma ritornerebbe ad essere monarchico se la
democrazia cristiana non gli desse lavoro, e nessun altro partito offrisse un
qualche vantaggio. Così, poiché si pensa che il sindaco Spomo abbia rapporti
influenti con il ministero dell’agricoltura, si fa in modo che egli rimanga in
carica, benché sia notoriamente disonesto,
e il suo fare sprezzante lo renda inviso. Ma se i consiglieri comunali
Viva e Lasso sono in grado di ottenere di più di quanto non ottenga il sindaco,
o lo ottengono più rapidamente, allora tutti si schierano contro il sindaco”(p.
115).
“Quanto alla
legislazione sul minimo salario e sui contributi assistenziali dovuti dal
datore di lavoro per il personale di servizio, essa è universalmente ignorata
(…) Spesso, al lavoratore non conviene rivolgersi al maresciallo per la difesa
dei suoi diritti; per lui è indispensabile essere in buoni rapporti con coloro
che possono dare lavoro: è meglio sopportare la frode che essere privati di
qualsiasi occasione di lavoro. E così i datori di lavoro hanno l’abitudine di
pagare solo quando gli fa comodo. Al contadino può toccare di doversi recare un
mese dopo l’altro, con il cappello in mano, a chiedere educatamente al
‘signore’ le mille lire di cui è creditore” (p. 108).
Nell’ultimo capitolo Banfield tentava di delineare delle
proposte d’intervento, che si identificavano, oltre che con efficaci politiche
amministrative, in un allargamento dei processi di partecipazione al bene
comune e nell’implementazione di nuovi stimoli culturali. Ciò non significava,
per il sociologo americano, che al familismo dovesse subentrare una sorta di
idilliaco altruismo; per Banfield, anche l’individualismo, se indirizzato però
a scopi benefici avrebbe sortito effetti positivi (“quando l’istruzione è un
mezzo accessibile per superare il proprio vicino, il contadino lo desidera
intensamente”). Altri strumenti educativi erano individuati da Banfield nella
creazione di giornali locali indipendenti ,che avrebbero invogliato alla
lettura e all’interessamento verso la cosa pubblica. Un ruolo possibile nella
prospettiva dello sviluppo di attività comunitarie e cooperativistiche (ad esempio Banfield parlava della creazione
di una squadra di calcio) veniva dato (a torto o aragione) alla piccola e media
borghesia locale, considerando il suo buon livello di istruzione. Il familismo
amorale, doveva essere per Banfield modificato in almeno tre aspetti:
“1. L’individuo deve definire il proprio interesse, o
l’interesse della sua famiglia, in termini meno ristretti di quanto non
comporti il suo vantaggio materiale immediato (…)
2. Almeno un ristretto numero di persone deve avere la
capacità morale di agire in qualità di leader (…) [che] debbono essere in grado
di svolgere in modo responsabile ruoli organizzativi e creare ed ispirare il
morale all’interno dell’organizzazione. (…)
3. Il corpo elettorale e in generale il ‘pubblico’ non
debbono distruggere l’organizzazione gratuitamente o per dispetto o invidia:
essi debbono cioè essere disposti a
tollerarla quando essa non interferisce con i loro affari” (pp. 168-169). La
conclusione di Banfield sulla possibilità del riscatto era comunque
pessimistica. A distanza di sessanta anni i nodi irrisolti di quella che
Gramsci chiamò questione meridionale permangono. Sono mutati i problemi, ma
ancora oggi la ricerca sociale potrebbe dare il suo contributo a fare il punto
su certi nodi problematici e a proporre soluzioni possibili.
Saverio De Marco
(Dottore in Sociologia)
Alcuni
spunti della recensione che Saverio De Marco dedica al libro “Le basi
morali di una società arretrata” del sociologo americano Edward C.
Banfield, ripubblicato da Il Mulino nel 2010, hanno un notevole
interesse per i membri della nostra associazione, impegnata da tre anni
nel tantativo di rilancio della comunità di San Lorenzo Bellizzi e
nell’analisi degli elementi che minacciano di causare la sua scomparsa.
I punti di contatto fra Chiaromonte/Montegrano e San Lorenzo Bellizzi sono molteplici. Il fatto che spesso l’unico interesse del singolo sia rivolto verso gli interessi della propria famiglia piuttosto che al bene comune e la sua incapacità di agire di concerto a causa della dipendenza da un’etica centrata sulla famiglia rappresenta tuttora un ostacolo al progresso della collettività.
Anche il paternalismo, il clientelismo, l’assenza di legalità, la tendenza ad agire secondo la regola generale “massimizzare i vantaggi materiali e immediati della famiglia nucleare; supporre che tutti gli altri si comportino allo stesso modo” non possono certo dirsi superati in una realtà come quella sanlorenzana, dove solo una parte, minoritaria, delle attività produttive si svolgono “alla luce del sole” mentre è notevole e paralizzante per l’elaborazione e lo sviluppo di qualunque progetto il volume del cosiddetto sommerso, con il suo inevitabile corollario dell’evasione fiscale e contributiva.
Anche noi pensiamo che “un allargamento dei processi di partecipazione al bene comune e l’implementazione di nuovi stimoli culturali”, lo sviluppo di attività comunitarie e cooperativistiche possano contribuire a invertire la tendenza che, a cominciare dall’annessione del Regno delle Due Sicilie al Regno d’Italia oltre un secolo e mezzo fa, vede il Mezzogiorno ridotto a mercato per merci prodotte altrove e fornitore di braccia e cervelli per collettività più o meno lontane.
Giustiniano Rossi
I punti di contatto fra Chiaromonte/Montegrano e San Lorenzo Bellizzi sono molteplici. Il fatto che spesso l’unico interesse del singolo sia rivolto verso gli interessi della propria famiglia piuttosto che al bene comune e la sua incapacità di agire di concerto a causa della dipendenza da un’etica centrata sulla famiglia rappresenta tuttora un ostacolo al progresso della collettività.
Anche il paternalismo, il clientelismo, l’assenza di legalità, la tendenza ad agire secondo la regola generale “massimizzare i vantaggi materiali e immediati della famiglia nucleare; supporre che tutti gli altri si comportino allo stesso modo” non possono certo dirsi superati in una realtà come quella sanlorenzana, dove solo una parte, minoritaria, delle attività produttive si svolgono “alla luce del sole” mentre è notevole e paralizzante per l’elaborazione e lo sviluppo di qualunque progetto il volume del cosiddetto sommerso, con il suo inevitabile corollario dell’evasione fiscale e contributiva.
Anche noi pensiamo che “un allargamento dei processi di partecipazione al bene comune e l’implementazione di nuovi stimoli culturali”, lo sviluppo di attività comunitarie e cooperativistiche possano contribuire a invertire la tendenza che, a cominciare dall’annessione del Regno delle Due Sicilie al Regno d’Italia oltre un secolo e mezzo fa, vede il Mezzogiorno ridotto a mercato per merci prodotte altrove e fornitore di braccia e cervelli per collettività più o meno lontane.
Giustiniano Rossi
(Presidente dell'associazione "I Ragazzi di San Lorenzo Bellizzi")
Parigi, 4 luglio 2013
Parigi, 4 luglio 2013
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